L'Atalanta e le sue "sorelle": le origini mitologiche dell'Ajax


Lo stemma dell'Ajax, rappresentante il volto di Aiace Telamonio e una raffigurazione
dello stesso eroe greco, che porta il cadavere di Achille, sul famoso
Vaso François.


La scorsa settimana vi ho parlato dell'Atalanta e delle sue origini mitologiche, soffermandomi sul nome al quale i fondatori della compagine bergamasca si erano ispirati per chiamare la loro squadra, parlandovi dell'omonima eroina greca. Oggi, invece, ho scelto di parlarvi di una squadra straniera, esattamente dei Paesi Bassi, che prende anch'essa il nome da un famoso personaggio della mitologia greca. 

Sì tratta dell'Amsterdamsche Football Club Ajax, meglio noto solamente con il nome di Ajax, il club calcistico più titolato di Amsterdam, la capitale dei Paesi Bassi e dell'intera nazione. La squadra olandese ha, infatti, conquistato nella sua storia la bellezza di 75 trofei nazionali ed internazionali, tra il cui quattro volte la Champions League e trentaquattro volte l'Eredivisie, il massimo campionato dei Paesi Bassi, in cui attualmente gioca. Nelle sue file hanno militato campioni del calibro di Johan Cruijff, Marco Van Basten, Jari Litmanen, Dennis Bergkamp, Patrick Kluivert, Clarence Seedorf, Wesley Sneijder, Luis Suarez, Christian Eriksen e Frenkie de Jong, solo per citarne alcuni, che hanno fatto o stanno facendo ancora la storia del calcio olandese ma anche di quello mondiale ed europeo.

In questo articolo, però, come detto all'inizio, non voglio parlarvi dei trofei o della storia del club di Amsterdam, ma delle sue origini, che prendono spunto da un personaggio ben preciso della mitologia greca. 

Quando, infatti, il 18 marzo 1900 Han Dade, Floris Stempel e Carel Reeser, i fondatori del club, decisero di riunirsi in un caffè del centro di Amsterdam, l'Oost Indië, per dare vita ad una nuova squadra di calcio scelsero il nome dell'eroe greco Aiace Teamonio, principalmente noto per il suo valore e le sue virtù. I colori scelti furono, invece, il rosso, il bianco e il nero, che sono presenti anche nelle bandiera della capitale. Nel 1911, però, i colori ufficiali diventarono solo il bianco e il rosso, poiché la squadra, promossa per la prima volta nel primo livello del campionato, non poteva adottare gli stessi colori di un'altra squadra, lo Sparta Rotterdam (anch'essa ironia della sorte ispirata all'Antica Grecia). Anche l'attuale stemma della squadra ricorda la figura dell'eroe greco: in esso, infatti, è rappresentato proprio il volto di Aiace in forma stilizzata. Questo è disegnato con undici tratti, che rappresentano gli undici giocatori in campo e fu adottato come simbolo per la prima volta nel 1928.

Ora, però, vi starete chiedendo chi era veramente Aiace Telamonio? 

Costui era un personaggio della mitologia greca, oltre che uno dei protagonisti del famoso racconto epico di Omero intitolato l'Iliade, oltre che del Ciclo Epico, cioè tutto quel gruppo di poemi che narrano le vicende della guerra di Troia. Viene comunemente identificato con il patronimico di "Telamonio" oppure con l'appellativo di "Aiace il Grande" per distinguerlo dal suo omonimo Aiace Oileo, anch'esso partecipante alla guerra di Troia.

Aiace, principe di Salamina (la famosa isola greca, che si trova di fronte ad Atene, nella quale si svolse nel 480 a.C. l'omonima battaglia durante la seconda guerra persiana), era figlio di Telamone e di Peribea o Glauce. Il padre a sua volta era figlio di Eaco, nato da Zeus e della ninfa Egina e della sua prima moglie, Endeide. Aveva anche un fratello chiamato Teucro, nato da Esione, la seconda moglie del padre. Inoltre era anche cugino di Achille, il più forte e famoso degli eroi greci, poiché il padre era il fratello di Peleo, genitore, insieme alla nereide Teti, del "piè veloce". Aiace sposò Tecmessa, figlia del re di Frigia Teulante, che lo rese padre di Eurisace. Cimone, Milziade, Alcibiade e lo storico Tucidide hanno spesso sostenuto di essere i discendenti diretti di Aiace, inoltre anche la famiglia etrusca dei Satlna sembrerebbe avere origine dall'eroe greco.

Nell'Iliade di Omero viene descritto come il più alto degli Achei (una delle popolazioni della Grecia Antica), dotato anche di una robusta corporatura e secondo solo al cugino Achille quanto a valore e forza negli scontri, tanto che fu uno dei pilastri dell'esercito greco. Fu, infatti, educato dal centauro Chirone, che fu anche il maestro del padre Telamone, oltre che dallo zio Peleo, e dallo stesso cugino Achille. Aiace figurava così come il secondo guerriero più valoroso dell'esercito guidato da Agamennone, il re dell'Argolide e comandante degli Achei durante la guerra di Troia. Mancava però di sagacia e scaltrezza, tipica degli eroi come Odisseo o Ulisse, Nestore e Idomeneo.

Guidava spesso il suo esercito brandendo un'enorme scure e portando sul braccio un largo scudo di bronzo, ricoperto con ben sette strati di pelle di bue. Inoltre era bravissimo nell'utilizzare la lancia, tanto da essere spesso descritto come il più abile dei lancieri, da qui il soprannome con il quale viene spesso identificato anche l'Ajax. In tutte le battaglie descritte nell'Iliade uscì sempre indenne e fu l'unico tra i protagonisti del poema omerico a non ricorrere mai all'aiuto di una divinità esterna in battaglia. 

Nel racconto epico di Omero è protagonista di diverse imprese valorose. Riuscì, per esempio, a sconfiggere con la sua lancia il giovane guerriero troiano Simoesio, oppure si scontrò, addirittura due volte, con l'eroe troiano Ettore. Aiace venne, infatti, sorteggiato per battersi con il figlio di Priamo, il re di Troia, disputando un primo duello che durò quasi un giorno intero. All'inizio sembrò quasi riuscire a vincere lo scontro: ferendo anche Ettore con la sua lancia e gettandolo a terra, dopo averlo colpito con una grossa pietra. Poi, però, il troiano tornò in se e il combattimento continuò, violentemente e  senza esclusione di colpi, fino a che gli araldi, su ordine di Zeus, stabilirono che lo scontro doveva finire in parità. Così, alla fine, i due uomini si scambiarono doni in segno di rispetto.

Il secondo duello tra l'eroe acheo ed Ettore si verificò quando Aiace di scagliò contro il guerriero troiano, entrato violentemente nell'accampamento greco, un grosso sasso, che per poco non lo uccise. Apollo, però, curò il figlio di Priamo e gli restituì le forze, così questo tornò a combattere, mentre il "Telamonio" riuscì nel frattempo a tenere a bada, praticamente da solo, l'esercito troiano. Ettore, successivamente, riuscì a disarmare Aiace, così questo fu costretto a ritirarsi, mentre i troiani incendiarono anche una delle navi greche. L'eroe greco, che però non era stato ancora ferito dall'eroe di Troia, prima che Ettore gli potesse tagliare la punta dell'asta e l'incendio divampasse sulla nave di Protesilao, reagì all'atto dei Troiani uccidendo molti guerrieri nemici, tra i quali il signore della Frigia, Forci, alleatosi nel frattempo con il nemico.

Venne anche inviato da Agamennone e gli altri capi, insieme ad Ulisse e Fenice nella tenda di Achille per convincerlo a tornare in battaglia, poiché il figlio di Peleo si stava rifiutando di combattere dopo il litigio avvenuto in precedenza proprio con il capo degli Achei. Nonostante le suppliche e le buone ragioni portate da Aiace e compagni Achille decise, però, di non combattere ancora. Tuttavia, durante l'assalto troiano alle navi greche Patroclo, il migliore amico del "Pelide", venne ucciso da Ettore mentre cercava di impersonificare proprio Achille per incoraggiare l'esercito greco. Il figlio di Priamo cercò anche di prenderne il cadavere e di gettarlo in pasto ai cani, ma Aiace, insieme a Menelao, combatté duramente per impedirglielo. Alla fine riuscì a riportare indietro il corpo di Patroclo all'accampamento e lo consegnò ad Achille. Questo, addolorato e furioso di rabbia per quanto accaduto, deciderà di tornare a combattere dando così una importante svolta alla guerra. 

Aiace si preparò, poi, a sferrare il contrattacco ai Troiani, ma questi nel frattempo avevano ottenuto anche l'aiuto della regina Pentesilea e delle sue Amazzoni. Proprio la regina delle "donne guerriere", durante la battaglia, sfiorò con un dardo l'elmo dell'eroe, che però rinunciò a scontrarsi con la donna, giudicandola una preda troppo facile. 

Combatté anche, insieme ad Odisseo, contro i troiani per recuperare il corpo di Achille, che dopo aver ucciso Ettore in duello, per vendicare Patroclo, era stato a sua volta ucciso, in seguito, dal fratello dell'eroe troiano, Paride, che lo aveva colpito al tallone, il suo punto debole. Aiace si occupò di tenere lontani i troiani, mentre Odisseo caricò Achille sul suo carro e lo portò via. Dopo la cerimonia funebre in onore del defunto, entrambi gli eroi reclamarono, davanti al capo dei greci Agamennone, il diritto di conservare per sé le armi di Achille come riconoscimento del proprio valore. Alla fine queste furono lasciate ad Odisseo e Aiace  furente per questo verdetto giurò di vendicarsi: il suo scopo, infatti, era quello di uccidere i responsabili dell'accaduto. 

Le cose, però, andarono diversamente e il figlio di Telamone finì per impazzire a causa di un incantesimo lanciatogli da Atena: si lanciò così, contro un gregge di pecore e le massacrò, credendo in realtà di uccidere Agamennone e il fratello Menelao. Una volta tornato alla normalità si scoprì coperto di sangue e capendo che cosa aveva appena fatto, preferì suicidarsi, lanciandosi sulla spada che Ettore gli aveva donato dopo il loro primo scontro, piuttosto che continuare a vivere nella vergogna e senza onore. Le sue ceneri vennero poi deposte sul promontorio Reteo, all'ingresso dell'Ellesponto. Questo è il racconto della morte di Aiace che si trova nella tragedia Aiace di Sofocle, nelle Nemee di Pindaro e ne Le metamorfosi di Ovidio, oltre che di Ugo Foscolo. In queste, infatti, l'eroe di Salamina incarna l'ideale della ribellione nei confronti del tiranno Agamennone e finisce per scontrarsi proprio contro il suo capo. 

Omero, invece, nella sua Odissea, non ci dice chiaramente come l'eroe di Salamina sia veramente deceduto e ci riferisce che la sua scomparsa sia avvenuta a causa della disputa per le armi di Achille. Ulisse, poi, durante il suo viaggio nell'Ade, incontrerà anche l'ombra di Aiace e lo pregherà di parlargli, ma il "Telamonio", ancora offeso per quanto accaduto in precedenza, rifiuterà di parlargli e ritornerà silente nell'Erebo, senza sapere che ormai le armi del cugino, donate da Odisseo a Neottolemo, il figlio di Achille, erano state depositate sulla sua tomba durante il loro incontro. 

Aiace ha, quindi, sempre rappresentato l'incarnazione stessa delle virtù della costanza negli impegni, soprattutto in battaglia, della perseveranza e del non arrendersi mai: virtù che evidentemente piacevano molto ai tre fondatori del club "amsterdammer" e che nel corso degli anni hanno identificato proprio la squadra olandese, capace di grandi vittorie grazie alla costanza di rendimento e alla programmazione, famoso è il suo vivaio che "sforna" sempre ottimi giocatori e spesso grandi campioni, oltre alla grande determinazione dei calciatori che ne hanno vestito la sua maglia. 

Bibliografia e sitografia:

- I miti greci, Giuseppe Zanetto, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2007
- wikipedia.org
- ajax.nl

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