L'Atalanta e le sue "sorelle": le origini mitologiche del nome della "Dea"

Lo stemma della squadra di calcio dell'Atalanta e l'omonima eroina greca,
raffigurata insieme a Ippomene nel dipinto di Guido Reni.

Che piaccia o no negli ultimi tempi una squadra italiana su tutte ha stupito in positivo il mondo del calcio nostrano, ma anche quello europeo, soprattutto dopo l'arrivo agli ottavi della penultima edizione della Champions League. Ha sorpreso tutti, addetti ai lavori e tifosi, per i risultati ottenuti e per come questi sono arrivati, grazie alla programmazione, l'impegno, la disciplina e la tattica, nonostante il budget a disposizione non sia sicuramente quello dei club più titolati come Juventus, Inter o Milan, se parliamo esclusivamente di Serie A. 

Sto parlando dell'Atalanta Bergamasca Calcio, nota a tutti come Atalanta, la principale squadra della città di Bergamo. In questo articolo, però, non voglio discutere di come e perché la "Dea", uno dei soprannomi con cui è conosciuta la compagine nerazzurra, sia arrivata a raggiungere risultati che per una "provinciale" sono tanto eccezionali, soprattutto perché prima di oggi l'unico risultato veramente prestigioso per il club bergamasco era stata la vittoria della Coppa Italia nel lontano 1963. Vorrei, invece, parlare delle sue origini e di quel nome che ha ispirato appunto il nome e poi il nomignolo con il quale questo club viene identificato, radici che affondano in un "mito" ben preciso, il quale sottolinea quanto, spesso, il legame tra calcio e cultura non sia così lontano come a volte si vuole credere. Non solo la squadra bergamasca, però, perché tante altre squadre italiane come la Lazio o il Verona, per esempio, ma anche europee come gli olandesi dell'Ajax o i greci dell'Olympiakos, solo per citarne alcune, affondano le loro genesi nella tradizione culturale europea, ispirandosi all'antica Roma o all'antica Grecia. Questo, quindi, sarà lo scopo di codesto articolo e degli altri che prossimante Culturalmente Sport vi proporrà, indagare a fondo negli albori dei club calcistici italiani ed europei che si sono ispirati alla nostra storia e cultura condivisa. 

Partiamo, come già detto, proprio dall'Atalanta. Il club, i cui colori sociali sono il nero e l'azzurro, è stato fondato il 17 ottobre 1907, dagli studenti liceali Eugenio Urio, Giulio e Ferruccio Amati, Alessandro Forlini e Giovanni Roberti, che si sono ispirati all'omonima eroina della mitologia greca per dare il nome alla squadra bergamasca, che all'inizio era conosciuta come "Società Bergamasca di Ginnastica e Sports Atletici Atalanta". Il primo presidente fu il nobile Vittorio Adelasio, mentre il primo segretario portava il nome di Gino Amati. 

Anche lo stemma della squadra raffigura proprio il volto di Atalanta, in forma stilizzata, di colore bianco e con i capelli al vento. A fare da sfondo vi sono i colori tipici del club: il nero e l'azzurro. Questi due derivano dalla fusione avvenuta nel 1920 tra la stessa Atalanta e la "Società Bergamasca di Ginnastica e Scherma" che diede vita alla squadra che ancora oggi rappresenta la città di Bergamo. La prima infatti aveva come colore il bianco e il nero, la seconda il bianco e l'azzurro. 

Molti di voi, però, si saranno sicuramente chiesti: chi era questa Atalanta? Quale rapporto aveva con il pantheon della mitologia greca?

Questa figura che fa appunto parte della mitologia dell'Ellade, era la figlia di Iaso, re dell'Arcadia (una delle regioni storiche dell'antica Grecia) e di Climene. Iaso era a sua volta il figlio del re Licurgo e della regina Cleofile e apparteneva, grazie al padre, alla stirpe degli Arcadi, cioè i discendenti dell'eroe, figlio di Zeus, Arcade. Climene, invece, era la figlia di Eurianassa, figlia di Iperfate e di Minia, il re dell'Orcomeno (tutt'ora comune della Grecia). Secondo la la letteratura classica greca ed in particolare per Euripide il padre dell'eroina era, invece, Menelao, figlio di Atreo e di Erope e fratello minore di Agamennone, oltre che re di Sparta e marito della famosa Elena, che Paride rapì per portarla a Troia, dando origine alla guerra tra greci e troiani. 

In particolare il mito sull'eroina Atalanta racconta di come suo padre Iaso desiderasse ardentemente un figlio maschio per la successione al trono, così dopo la nascita della figlia femmina, com'era consueto fare in questi casi, non soddisfatto dell'accaduto, la abbandonò sul monte Pelio. La dea Artemide allora, intenerita dalla bambina rimasta sola, decise di inviare un'orsa che si prendesse cura di Atalanta allattandola e allevandola. La bimba fu poi trovata da un gruppo di cacciatori che decisero di portarla con se e crescerla tra gli umani.

Col passare del tempo divenne una cacciatrice provetta e la riprova della sua grande propensione alla caccia ci fu quando affrontò da sola e uccise con l'arco i due centauri, Ileo e Reco, che avevano tentato di stuprarla. Successivamente entrò a far parte dei 50 eroi facenti parte della spedizione degli Argonauti, che andarono alla ricerca del vello d'oro, diventando, così, l'unica donna a prendere parte a quell'impresa (altre versioni del mito, invece, ci dicono che il capo spedizione, il famoso Giasone, non la fece partecipare perché temeva la presenza di una donna sulla nave Argo).

Atalanta si distinse poi anche quando partecipò alla battuta di caccia per la cattura del cinghiale calidonio, il mitologico enorme animale che compare in diversi miti greci. Essa, infatti, riuscì a ferire la preda per prima e Meleagro, uno dei partecipanti alla caccia, la onorò donandole la pelle dell'animale ucciso. Dopo questa impresa, che la rese famosa in tutta la Grecia, il padre decise finalmente di riconoscerla. Dopo di ciò, però, non furono tutte rose e fiori, perché Iaso volle che la figlia, detta la vergine cacciatrice, si spossasse, ma Atalanta si opponeva con fermezza perché, in passato, un oracolo le aveva predetto che se si fosse sposata avrebbe perso per sempre le sue abilità. Alla fine, viste le tante insistenze del padre, decise di accontentare il genitore e promise di sposarsi solamente con chi l'avesse battuta in una gara di corsa, tanto era sicura delle proprie abilità. Non solo questo, però, perché a fermare gli spasimanti vi era anche un altro problema: chiunque avesse partecipato alla gara e non fosse riuscito a vincere sarebbe stato ucciso.

Fino all'arrivo di Melanione, anche detto Ippomene, nessuno riuscì a batterla. Il "cacciatore nero", però, era profondamente innamorato di Atalanta e volle correre il rischio di affrontarla in quella "corsa mortale". Per farlo chiese aiuto ad Afrodite che gli consegnò tre mele d'oro tratte dal Giardino delle Esperidi, dove cresceva un melo che dava appunto dei frutti d'oro. La dea gli consegnò proprio queste mele dorate e gli consigliò di lasciarle cadere, una a una, durante la corsa in modo tale che Atalanta ne risultasse irresistibilmente attratta. Durante la gara successe proprio questo, perché ogni volta che la cacciatrice ne vedeva una si fermava a raccoglierla, tanto erano belle e luccicanti, perdendo così terreno prezioso e nei confronti dell'astuto Ippomene. Successe, così, che alla fine, proprio a causa di queste magnifiche mele, Atalanta perse la gara a discapito del suo ormai promesso sposo.

Una vota sposati, però, i due amanti attirarono le ire di Afrodite che decise di trasformarli in due leoni perché la dea li aveva scoperti ad amarsi in un tempio dedicato alla divinità Cibele e ne era rimasta profondamente offesa. Per punirli decise, così, di farli diventare due animali con la criniera, questo perché i greci ritenevano che i leoni non si accoppiassero tra loro.

Nelle Metamorfosi di Ovidio, invece, è la dea Venere a narrare alla divinità Adone la gara di corsa fra Atalanta ed Ippomene. Proprio la dea dell'amore e della bellezza si adira, quindi, con il vincitore Ippomene che si dimentica di ringraziarla dell'aiuto ricevuto. Per vendicarsi Venere diffonde negli sposi un forte desiderio d'amore mentre questi sono in visita al tempio di Cibele, così facendo i due si attirano le ire della stessa dea, che offesa dall'accaduto, decide di trasformarli in leoni e li condanna per l'eternità a trainare il suo carro.

Secondo alcune leggende Atalanta fu anche madre di Partenopeo, il figlio avuto dallo stesso Melanione, anche se per alcuni il vero padre del bambino fu Melagro, uno degli Argonauti e per altri ancora Scheneo. L'eroina, inoltre, veniva spesso descritta come una donna provocante ma fermamente virtuosa, oltre che come una cacciatrice estremamente infaticabile, proprio per questi motivi venne spesso paragonata ala dea della caccia Artemide

Proprio per le sue grandi qualità, le sue virtù, la sua forza e la sua unicità fu scelta da quei quattro studenti bergamaschi nel 1907 come simbolo della squadra della loro città e sono sicuro che se potesse ammirare oggi la compagine di Giampiero Gasperini all'opera sarebbe orgogliosa di poter essere associata a questa grande squadra, che rappresenta un esempio da seguire per tutto il calcio italiano.

Bibliografia e sitografia:

- I miti greci, Giuseppe Zanetto, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2007
- wikipedia.org
- atalanta.it

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