Quattro chiacchiere con gli scrittori: Giacomo Moccetti e il suo libro "Giocare come Dio comanda. Enzo Bearzot, ritratto intimo"

    Questa domenica tornano gli articoli di approfondimento sul blog Culturalmente Sport. Oggi in particolare, torna la "rubrica" denominata "Quattro chiacchiere con gli scrittori", con cui vi racconto, attraverso la voce degli autori, i loro libri e racconti che trattano di argomenti sportivi e che reputo particolarmente interessanti. 

    Oggi vi parlo del giornalista sportivo, scrittore, oltre che uno dei fondatori della rivista di letteratura sportiva Libridisport.com, Giacomo Moccetti, che ho avuto il piacere di intervistare negli scorsi giorni e che recentemente ha pubblicato, con l'editore Battaglia Edizioni, il libro intitolato "Giocare come Dio comanda. Enzo Bearzot, ritratto intimo". Continua, quindi, la nostra collaborazione con l'editore imolese che nei prossimi mesi darà vita anche ad alcune presentazioni "itineranti" nella regione di appartenenza del "Vecio" proprio per parlare di questo racconto e che Culturalmente Sport vuole ringraziare, ancora una volta, per questa ennesima opportunità fornitaci.

Tornando al libro, questo è un interessantissimo racconto in cui Moccetti, attraverso gli incontri e le testimonianze di coloro che hanno conosciuto più da vicino il protagonista del libro, cioè il mitico Enzo Bearzot, ci narra la vita e le gesta proprio del Commìssario tecnico della Nazionale Italiana campione del mondo ai Mondiali di Spagna 1982. All'interno del volume troviamo, quindi, le parole dei suoi ex calciatori, come Dino Zoff o Giuseppe Bergomi, dei suoi figli e dei suoi nipoti, ma anche dei suoi amici storici o dei suoi ex compagni di squadra, oltre a quelle di alcuni giornalisti, come Gigi Garanzini o Alberto Cerruti. Ne viene fuori, così, un ritratto intimo di Bearzot, sviluppato attraverso un bellissimo viaggio alla ricerca proprio del "Vecio" e del suo calcio che ci fa scoprire alcuni lati nascosti del suo carattere, ma soprattutto la sua grande professionalità, umanità e onestà.

Ho scelto di porre a Giacomo, che ringrazio per l'infinita disponibilità, 6 domande che potessero descrivere al meglio il suo ultimo libro, ma anche la sua passione per la scrittura e per il suo lavoro di giornalista, ma anche per lo sport e per la cultura.

Qui di seguito vi propongo l'intervista completa.

1) Per iniziare raccontarci brevemente qualcosa della tua passione per la scrittura e della tua attività di giornalista per la RSI Radio Televisione Svizzera e la fondazione di "Libridisport.com".

"Principalmente sono un giornalista sportivo della televisione svizzera. Sono, infatti, nato e cresciuto a Lugano, nella Svizzera Italiana, più precisamente nella parte sud del cantone di lingua italiana. Ho poi studiato in Italia, a Milano, laureandomi in Storia, anche se poi dopo gli studi sono tornato a lavorare nel mio paese d'origine. Nell'ambito del giornalismo sportivo mi occupo soprattutto di calcio e di Formula 1. quindi lo sport per me non è solo un passione, ma fa proprio parte della mia vita ed è anche il mio lavoro. La passione per la letteratura sportiva è, quindi, una conseguenza di tutto questo, era normale che vivendo di sport coltivassi questo grande interesse."

Una passione che ho sviluppato, soprattutto, negli ultimi anni con altri ragazzi, fondando e gestendo il sito Libridisport.com, che si ripromette proprio di dare spazio a questo tipo di letteratura, soprattutto con recensioni. La letteratura sportiva, infatti, soprattutto negli ultimi anni, ha preso molto più piede in Italia rispetto al passato quando veniva considerata di "Serie B", cosa che invece non è mai accaduta nel mondo anglosassone dove è stata sempre molto considerata. Gli si è dato, quindi, molto più spazio negli ultimi anni e mi sembra di poter dire che questo spazio lo si è trovato in tante case editrici, alcune con delle collane proprio dedicate allo sport, ma soprattutto anche in alcune grandi case editrici italiane. Finalmente, quindi, aggiungerei, questo è accaduto e lo dico perché l'Italia è un paese di calcio, ma anche di sport ed era, quindi, una anomalia che in questo ambito culturale, quello dei libri e della letteratura, non ci fosse tanto spazio per lo sport."

2) Parlando, invece, del tuo ultimo libro, intitolato "Giocare come Dio comanda. Enzo Bearzot, ritratto intimo", quale è stata l'idea di base dalla quale sei partito per raccontare attraverso le parole di chi ha conosciuto più da vicino un personaggio quasi leggendario per il calcio italiano, cioè Enzo Bearzot?

"Il motivo principale è di fatto un motivo familiare. Mia moglie Giulia, infatti, aveva come nonno Enzo Bearzot, anche se io non ho mai avuto modo di conoscerlo perché, sfortunatamente, è venuto a mancare prima che questo accadesse. Poi in seconda battuta io di Bearzot sapevo tutto o perlomeno credevo di sapere tutto facendo il mestiere del giornalista sportivo ed essendo un appassionato di calcio da quando sono bambino. Per questi motivi mi ritenevo estremamente ferrato sull'argomento e, invece, dai racconti di mia moglie che mi parlava di suo nonno mi sono accorto che su un personaggio come Enzo, in realtà, in quaranta anni, in Italia, si sono sempre dette le solite quattro cose. Cioè che l'ex allenatore degli azzurri era quell'uomo tutto d'un pezzo, con la pipa, che credeva nei suoi uomini e puntava tutto sul gruppo, che guardava prima l'uomo che il calciatore, che ha scommesso su Paolo Rossi e che alla fine ha compiuto una grandissima impresa calcistica. Tutto giusto, sia chiaro, ma tutto un po' limitato. Non si è mai, infatti, davvero andati a fondo quando si parlava del personaggio Bearzot." 

A questo ci aggiungo poi che su di lui, in più di quarant'anni ormai perché il Mondiale fu vinto nel 1982, non è stato scritto praticamente nulla: c'è un libro del 1986, cioè "Bearzot" di Franco Mentana, ma fu pubblicato quando il "Vecio" era ancora in vita ed allenava la Nazionale e poi c'è quello che è un po' il suo testamento che è un racconto intervista interessantissimo uscito nel 1997, cioè "Il Romanzo del Vecio" di Gigi Garanzini, dove per circa 150 pagine il giornalista e l'allenatore chiacchierano di diversi argomenti. Del resto, però, non è mai stato scritto più di tanto e si è sempore proceduto su luoghi comuni, dicendo sempre le solite quattro cose. Forse perché, in generale, nel discorso calcistico in Italia non si tende molto ad approfondire, ma si tende un po' a ripetere all'infinito certe nozioni ormai date per acquisite. Per tanto mi sono reso conto che c'era margine per raccontare qualcosa di nuovo o di diverso su Enzo e mi sono detto: io so come giornalista quelle cose sono sempre state raccontate e scritte ma a sentire i racconti di Giulia ci sono degli aspetti un po' sconosciuti. Quindi perché non andare dalle persone che lo hanno conosciuto più da vicino e farsi dire davvero chi fosse Enzo Bearzot? Ho dovuto per forza partire, ci mancherebbe altro, da alcuni dei suoi giocatori dell'82, come Zoff o Bergomi, che nel libro raccontano cose che hanno già raccontato in altri ambiti, seppur poi con un aneddoto nuovo o qualcosa di diverso. Poi, però, sono andato a sentire i parenti, quindi sua figlia, cioè mia suocera, i nipoti, tra cui mia moglie, ma anche il suo amico di una vita, Armando, che vive a Lignano Sabbiadoro. Ho contatto e poi sentito due suoi ex compagni di squadra, perché ricordiamolo Enzo, lo si dimentica sempre, ha giocato per quindici anni tra Serie A e Serie B. ha più di 250 presenze nella massima serie ed è stato capitano del Torino, quindi è stato anche un giocatore di ottimo livello, con anche una presenza in Nazionale maggiore, cose che non si raccontano mai e quindi ho cercato di farmi dire che compagno di squadra fosse, Infine ho incontrato un paio di giornalisti, Gigi Garanzini e Alberto Cerruti, che lo hanno conosciuto bene, sempre di più negli anni, instaurando con lui un rapporto di un certo tipo, proprio con lui che con i giornalisti aveva tendenzialmente un rapporto molto conflittuale. Con loro due, invece, era nato di fatto una cordialità che è sfociata poi addirittura in amicizia. Quindi la mia ide era quella di provare a capire meglio, in profondità, chi fosse davvero Enzo, chi sei celasse, di fatto, dietro quella pipa".

3) Quindi non hai mai avuto modo di conoscere Bearzot di persona ma solo attraverso i racconti di tua moglie Giulia giusto? 

"No, te lo confermo, purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscere Enzo di persona ma proprio per una questione di pochi mesi. In realtà ho conosciuto quella che poi sarebbe diventata mia moglie pochi mesi prima che l'ex allenatore della Nazionale venisse a mancare, all'epoca Giulia non era ancora mia moglie ed era una compagna di università. Stavamo anche organizzando un incontro per conoscerlo, io non facevo ancora il giornalista ma ero comunque un grande appassionato di sporto quello poi però purtroppo quello era il periodo in cui lui non stava molto bene e, infatti, dopo qualche mese ci ha lasciato. Non ho mai avuto, quindi, la possibilità di incontrarlo di persona: è sicuramente un rammarico dal punto di vista mio personale, ma forse dal punto di vista del libro è stato un vantaggio perché non avevo già una mia idea di come fosse Bearzot e quindi ho dovuto proprio aprirmi a quello che mi raccontavano gli interlocutori. La mia speranza era anche quella che non uscisse una agiografia, ma mi interessava anche capire quali fossero i difetti dell'uomo Enzo. Anche se poi alla fine è inevitabile che quando si parla di qualcuno che non c'è più, soprattutto se si è provato per lui molto affetto, si raccontano in particolare gli aspetti positivi, ma ogni tanto credo escano anche i lati più spigolosi e più difficili del suo carattere e questo è sicuramente interessante."

4) Pensi, quindi, che il tuo giudizio su di lui sarebbe stato influenzato se mai lo avessi conosciuto? Saresti stato comunque in grado di raccontare Enzo in un libro? Inoltre è stato difficile far parlare di lui i tuoi tanti interlocutori? 

"Questa è una buona domanda e ti dico che penso che inevitabilmente sarei stato influenzato se lo avessi conosciuto. Questo perché mi sarei fato una determinata idea di lui, poi non escludo che l'idea che mi sarei fatto di lui in quell'ipotetico caso non sarebbe stata la stessa che emerge, in realtà, nel libro. Quello che, però, mi colpisce è che tutti gli interlocutori, cioè quello che emerge se noi mettiamo insieme tutti gli intervistati che ho incontrato e costruiamo quasi un puzzle con tutte queste testimonianze, viene fuori un puzzle piuttosto omogeneo. Mi spiego, non tutti mi raccontano le stesse cose o gli stessi aspetti del carattere, però è difficile trovare qualcosa che strida, perché nessuno mi ha raccontato di un Bearzot che fave sbellicare dalle risate, particolarmente simpatico o che diceva bugie. Alla fine abbiamo, quindi, un ritratto sempre piuttosto uniforme, perché ognuno dal suo punto di vista, dalla sua angolazione e per come lo ha conosciuto mi racconta comunque la stessa persona. Il ritratto di Enzo nel racconto è, dunque, abbastanza coerente e sospetto, per questo, che se anche io l'avessi conosciuto, magari sarei stato un po' influenzato nel raccontarlo, ma le impressioni che avrei avuto le avrei ritrovate comunque nei racconti presenti nel mio libro".

"No, nessuno è stato restio nel raccontare di Bearzot, anzi si sono aperti tutti. Al massimo c'è stata forse qualche difficoltà con i suoi ex compagni di squadra, cioè Fabrizio Poletti o Lido Vierinel farmi raccontare del Bearzot come compagno di squadra. Più che altro perché sono passati 60 anni ormai e quindi dovevano riflettere un attimo e scavare nella memoria, facendosi venire in mente dei ricordi, perché comunque questi sono di un compagno di squadra come un altro. Certo poi è vero che era il capitano, ma insomma un conto è chiedere ad un "ragazzo dell'82" per il quale Bearzot era l'allenatore con cui hanno vinto i Mondiali e si può parlare per ore, un altro conto è chiederlo ad un Poletti per esempio che in quindici anni di carriera ha avuto decine, centinaia di compagni di team ed Enzo era uno di questi. Alla fine, però, scavando e rilanciando i ricordi sono affiorati lo stesso".

5) C'è un racconto o un episodio d cui qualcuno degli intervistati del libro ti ha parlato che non conoscevi, che ti ha stupito o che ti ha particolarmente colpito? Per esempio a me è piaciuto molto e mi ha fatto sorridere, ma allo stesso tempo anche pensare, l'episodio dell'autografo chiesto da un bambino a Bearzot, un uomo si vede qui proprio d'altri tempi, al ristorante e raccontato dai suoi nipoti.

"Sull'episodio che tu citi vorrei dire proprio due cose. Qui per esempio si vede il lato "spigoloso" del carattere di Bearzot, nel senso che lui non è stato simpatico in quella data circostanza e ha fatto rimanere male un bambino, però li esce proprio la sua personalità. Questo perché lui era fatto così, non sopportava il fatto che dei genitori mandassero il proprio figlio a chiedere un autografo perché loro non ne avevano il coraggio. In questo senso era, come dici tu, un uomo d'altri tempi: chiedimi pure l'autografo, non è un problema, ma vieni tu, non mandare qualcuno perché tu non hai il coraggio. Ed è chiaro che in questa circostanza Enzo, detto sinceramente, non è simpatico, anche perché in generale, come dice un interlocutore all'interno del libro, non era una persona simpatica. non era uno che ti faceva sbellicare dalle risate. Era una persona però onesta, che è la parola che esce più volte nel libro, nel quale si parla spesso della sua grande onestà."

"Per quanto riguarda gli episodi che mi sono particolarmente piaciuti ne potrei citare parecchi, ma in particolare, diciamo, quelli che mi hanno colpito di più sono soprattutto quelli in cui i suoi ex compagni di squadra raccontano di Bearzot. Raccontano di un calciatore, negli ultimi anni di carriera, ma anche nei primi anni in cui inizia ad allenare come assistente allenatore al Torino di Nereo Rocco e qui emerge tutta la sua serietà di fronte alla cose. Per esempio nell'aneddoto raccontato da Fabrizio Poletti, suo ex compagno di squadra, nel quale lui e Gigi Meroni si presentano all'allenamento vestiti come due damerini inglesi per fare una goliardata, una stupidata, esce fuori un Enzo, che all'epoca era appena diventato assistente allenatore, che non riesce a farsi una risata dopo averli visti, ma si arrabbia e li rimanda indietro perché non devono permettersi di presentarsi in quella maniera lì poiché bisogna essere seri. Questo perché il calcio, che è il loro lavoro, è una cosa seria, quindi non ci si presenta vestiti come due "sciocchi" ma bisogna mantenere un atteggiamento serioso. Questo episodio mi è piaciuto particolarmente perché, secondo me, qui esce tutto Enzo Bearzot: le cose vanno fatte bene e vanno fatte seriamente, sempre!"

6) Infine riguardo ai progetti futuri? Sempre legati al calcio e a Libridisport.com magari? Se puoi e vuoi dircelo naturalmente. 

"Mi sono venute in questi mesi, mentre concludevo il libro su Bearzot, tantissime idee per futuri, possibili libri. Un conto. però, è avere le idee e un conto è poi concretizzarle, anche perché comunque scrivere un libro è impegnativo. Questo anche se il mio libro è abbastanza semplice, perché non ho scritto un romanzo di seicento pagine o una biografia da quattrocento pagine con anni di ricerca storiografica ma ho fondamentalmente incontrato e intervistato delle persone, sistemando i loro racconti. ma è stato, in ogni caso, faticoso. Sfido chiunque a dire il contrario, anche se magari non è così per tutti. Se mi chiedessero, però, com'è scrivere un libro direi che è molto impegnativo e in certi momenti è anche un lavoro di solitudine, perché ti trovi tu davanti al tuo computer all'una di notte a dover tirare insieme dei racconti o scrivere un capitolo che abbia un suo perché. Per questo, quindi, le idee ci sono e svariano su tantissimi sport diversi, ma, diciamo così, al momento mio sento di dover tirare un'attimo il fiato e promuovere questa pubblicazione, anche con diverse presentazioni (e ad alcune di queste prenderà parte anche CulturalmenteSport [n.d.r.]). In seguito cercherò di capire su cosa tuffarmi o concentrarmi, anche confrontandomi con l'interesse dell'editore, perché quando un racconto esce in libreria, diciamocelo e anche grazie ad un editore che scommette su quello che hai da dire e da scrivere".

Ringrazio ancora una volta Giacomo per la sua grande disponibilità e simpatia, gli auguro, quindi, un grande in bocca al lupo per il suo nuovo libro e per i suoi prossimi lavori, nella speranza che anche in futuro potremmo ritrovarci a parlare nuovamente di calcio, di sport e di cultura.

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