1968: Il primo e unico Europeo degli azzurri (fino al 20 giugno 2021)

Il capitano azzurro Giacinto Facchetti soleva la Coppa Henri Delaunay allo Stadio Olimpico di Roma nel 1968.

    Rieccomi qui a scrivere nuovamente sul blog CulturalmenteSport, dopo un po' di tempo passato a produrre esclusivamente contenuti per i social. Oggi, tra l'altro, torno a farlo con molto piacere perché voglio parlarvi della nostra Nazionale di calcio e, in particolare, del primo e unico Europeo conquistato proprio dagli azzurri. Così, facendo, infatti, vorrei augurare un grande in bocca al lupo all'Italia in vista delle prossime partire ad Euro 2020, in cui la selezione del C.T. Mancini ha già ottenuto due fondamentali vittorie nel girone di qualificazione, contro Turchia e Svizzera (mentre oggi pomeriggio se la vedrà con il Galles), raggiungendo già gli ottavi di finale della competizione. Questo grazie ad umiltà, programmazione e duro lavoro, dimostrando quanto questi valgano più di qualsiasi altra cosa nel mondo dello sport. 

    Per raccontarvi della prima e unica vittoria, almeno per ora, degli azzurri dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di ben 53 anni e arrivare quindi al 1968, più precisamente nel mese di giugno di quell'anno. Dal 5 al 10 di giugno del 1968, infatti, la nostra penisola ospitò la fase finale della terza edizione del campionato europeo di calcio in 3 città: Firenze, Roma e Napoli.

LE FASI ELIMINATORIE

    In questo torneo vennero introdotti per la prima volta i gironi eliminatori, mentre le qualificazioni per i due tornei precedenti, quello del 1960 in Francia, vinto dall'URSS e quello del 1964 in Spagna, vinto proprio dai padroni di casa, erano ad eliminazione diretta. Fu così che, dal settembre del 1966 al febbraio del 1968, ben 31 squadre europee, tra cui la nostra nazionale, si affrontarono in 8 gironi eliminatori, composti da 4 squadre ciascuno, a parte uno formato da 3 compagini, in partite di andata e ritorno. Le vincitrici di questi otto gironi, cioè la Spagna, la Bulgaria, l'Unione Sovietica, la Jugoslavia, l'Ungheria, l'Italia, la Francia e l'Inghilterra, si scontrarono poi nei play-off, in pratica dei quarti di finale, per designare le quattro semifinaliste del torneo che si sarebbe svolto nella nostra nazione.

    Gli azzurri, dopo aver vinto, con un 11 punti, derivati da 5 vittorie e un pareggio, il proprio girone di qualificazione, cioè il gruppo 6, formato dalla stessa Italia, dalla Romania, dalla Svizzera e da Cipro, affrontarono poi nei quarti di finale la Bulgaria, un una doppia sfida. All'andata, giocata a Sofia, in terra bulgara, allo Stadio nazionale Vasil Levski, il 6 aprile 1968, la selezione allenata dal Commissario tecnico Ferruccio Valcareggi, perse per 3-2 (reti di Kotkov, Dermendzhiev e Zhekov per i padroni di casa e autorete di Penev e goal di Prati per gli italiani), mentre al ritorno, giocato a Napoli, allo Stadio San Paolo, il 20 aprile dello stesso anno, trionfò per 2-0, grazie alle marcature di Prati e Domenghini, accedendo così alle semifinali dell'europeo giocato in casa. Le altre tre semifinaliste furono, invece, l'Unione Sovietica, l'Inghilterra e la Jugoslavia, che eliminarono rispettivamente Ungheria, Spagna e Francia. 

LA FASE FINALE IN ITALIA

    Per affrontare la fase finale il C.T. della Nazionale, Ferruccio Valacareggi selezionò 22 giocatori: i portieri Enrico Albertosi, Lido Vieri e Dino Zoff; i difensori Angelo Anquilletti, Giancarlo Bercellino, Tarcisio Burgnich, Ernesto Castano, Giacinto Facchetti, capitano degli azzurri, Aristide Guarneri, Roberto Rosato e  Sandro Salvadore; i centrocampisti Giacomo Bulgarelli, Giancarlo De Sisti, Giorgio Ferrini, Antonio Juliano, Giovanni Lodetti e Gianni Rivera; gli attaccanti Pietro Anastasi, Angelo Domenghini, Sandro Mazzola, Pierino Prati e Gigi Riva.

    Le due semifinali si svolsero entrambe il 5 giugno 1968: una alle 18.00, allo Stadio San Paolo di Napoli tra la nostra Italia e l'Unione Sovietica, l'altra tra la Jugoslavia e l'Inghilterra, alle ore 21.15 allo Stadio Comunale di Firenze. 

    La prima partita fu decisa, dopo una gara maschia e senza esclusione di colpi, terminata con un pareggio a reti bianche sia al termine dei regolamentari che dei supplementari, dalla sorte. All'epoca, infatti, non erano previsti i calci di rigore e se la partita finiva in parità, anche dopo i tempi supplementari, ci si affidava ad un sorteggio per decretare la squadra vincitrice. Fu così che l'arbitro tedesco, Kurt Tschenscher, al termine della partita convocò i capitani delle due selezioni, cioè il nostro Giacinto Facchetti e il sovietico Albert Shesternyov, negli spogliatoi, per decidere la formazione vincitrice con il lancio di una moneta da cento lire. Facchetti scelse croce e scelse bene perché la fortuna premiò proprio l'Italia facendo uscire proprio quel lato delle cento lire, il che significa vittoria per l'Italia! Il capitano azzurro, bandiera indimenticabile dell'Inter, poté così correre in campo, con tutta la gioia del mondo in corpo, per comunicare che l'esito del sorteggio era stato favorevole ai nostri colori e festeggiare insieme ai compagni e ai tifosi. 

    Nell'altra semifinale, invece, la Jugoslavia ebbe la meglio, dopo una gara equilibrata e ben giocata da entrambe le formazioni, sui campioni del mondo in carica dell'Inghilterra, vincitrice del Mondiale "casalingo" del 1966, per 1-0, grazie ad un goal all'86' minuto di Dragan Džajić, attaccante della Stella Rossa. 

    Si arrivò, così, alla finale di Roma, disputata allo Stadio Olimpico, l'8 giugno alle ore 21.15, di fronte a 68.817 spettatori. L'Italia scese in campo con una sorta di 4-3-3, che presentava Zoff tra i pali, Burgnich, Castano, il capitano Facchetti e Guarneri in difesa, Ferrini, Juliano, Lodetti a centrocampo e infine Anastasi, Domenghini e Prati in attacco; mentre la Jugoslavia, allenata da Rajko Mitić, rispose con lo stesso modulo, schierando il capitano Fazlagić, Paunović, Holcer e Damjanović a difesa dell'estremo difensore Pantelić, Trivić, Pavlović e Aćimović nella zona centrale del campo e Petković, Musemić e Džajić in avanti.

    Dopo un primo tempo di grande sofferenza, giocato molto bene dai balcanici, gli azzurri andarono sotto nel punteggio, per merito ancora di Džajić, alla fine miglior marcatore di questa edizione, che siglò il gol del vantaggio jugoslavo al 39' della prima frazione di gioco. Nel secondo tempo l'Italia giocò con grande determinazione e cercò a tutti i costi la rete del pareggio, che arrivò solo a 10' minuti dal termine dei tempi regolamentari, facendo tirare un grande sospiro di sollievo ai tanti tifosi presenti allo stadio, A "timbrare il tabellino" fu Angelo Domenghini, all'epoca in forza all'Inter, che grazie ad una splendida conclusione, che si insacco alle spalle di Pantelić, fece esplodere tutto lo stadio. Si andò così ai supplementari, ma il punteggio non si schiodò dall'1-1 e permase anche al 120'. Come da regolamento dell'epoca, però, la vittoria non fu assegnata ai rigori e nessuna delle due formazioni fu, quindi, decretata vincitrice dall'arbitro svizzero Dienst. Il verdetto venne, infatti, rimandato di 48 ore, da decretare con una nuova partita, da giocare sempre sullo stesso campo. 

    A spuntarla nella ripetizione, giocata il 10 giugno, fu proprio la nostra Nazionale, grazie alle intuizioni del Commissario tecnico Valcareggi che per la sfida decisiva decise di cambiare modulo, passando ad una sorta di 4-3-1-2 e di inserire forze fresche, sostituendo ben cinque calciatori rispetto all'undici sceso in campo due giorni prima. Rimasero, infatti, Zoff in porta, Burgnich, Facchetti e Guarnieri in difesa, insieme a Salvadore, schierato a discapito di Guarneri, mentre Rosato fu leggermente avanzato a centrocampo. Qui agivano anche Domenghini e De Sisti, mentre Mazzola giocava, facendo il rifinitore, dietro le due due punte, che erano Riva e Anastasi. Il selezionatore jugolsavo Mitić, invece, non riuscì a fare altrettanto, poiché la sua squadra era dimezzata da infortuni e da diverse assenze. Cambiò, così, un solo elemento della rosa, inserendo in attacco Hošić al posto di Petković.

    L'Italia, più fresca e riposata, sospinta dai seppur "pochi", rispetto al match precedente, 32.866 spettatori dell'Olimpico, ebbe, infatti, vita facile e portò meritatamente a casa la vittoria. Gli azzurri legittimarono il loro successo già nel primo tempo, andando a segno con Riva dopo 12' minuti e raddoppiando con Anastasi al 31'. La Jugoslavia provò a reagire nella ripresa, ma la difesa italiana fece buona guardia respingendo tutti gli attacchi degli ospiti, che alla fine uscirono sconfitti dal campo romano per 2-0. La nostra Nazionale conquistò, così, il suo primo e, fino ad ora, unico titolo continentale, mentre l'Inghilterra otteneva il terzo posto finale battendo l'URSS per 2-0 nel pomeriggio dello stesso giorno. 

    Facchetti alzò, così, la Coppa Henri Delaunay da capitano, facendo gioire l'Olimpico intero, in una serata storica, nella quale fu poi portato in trionfo dai compagni e dai tifosi, che nel frattempo avevano pacificamente invaso il prato dello stadio per festeggiare con i propri beniamini. Immagini indimenticabili di un successo che l'Italia non è riuscita più a ripetere agli Europei, uscendo dolorosamente sconfitta per due volte in finale (nel 2000 contro la Francia e nel 2012 contro la Spagna), oltre ad ottenere un terzo posto nel 1988, al contrario di quanto fatto in Coppa del Mondo, in cui ha trionfato per altre due volte (nel 1982 e nel 2006), dopo i successi del 1934 e del 1938. Speriamo dunque, facendo tutti gli scongiuri del caso, che questo sia finalmente l'anno buono per poter nuovamente alzare questo importantissimo trofeo e far tornare l'Italia dove merita, cioè tra le grandi d'Europa e perché no, anche del mondo.

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