Quattro chiacchiere con gli scrittori: Simon Pietro Giudice e il suo libro "Morti di tifo - L'epidemia calcistica"


    Eccoci nuovamente qui con gli articoli di approfondimento sul blog CulturalmenteSport, oggi in particolare vi ripropongo una "rubrica" a cui tengo molto e che già in passato vi ha tenuto compagnia diverse volte. Si tratta di "Quattro chiacchiere con gli scrittori", con cui voglio raccontare, attraverso la voce degli autori, i loro libri e racconti che trattano di argomenti sportivi e che reputo particolarmente interessanti. 

    Oggi parliamo del giornalista e autore televisivo, Simon Pietro Giudice, che ho avuto il piacere di intervistare negli scorsi giorni e che ha da poco pubblicato il suo ultimo libro "Morti di tifo - l'epidemia calcistica", edito nel 2020 da Edizioni Eraclea. Si tratta di un interessantissimo libro, ricco di ricordi, aneddoti e storie, sul calcio e i suoi tifosi e le sue tifoserie, concentrato in particolare sul tifo come fenomeno sociale e culturale, in grado di unire folkrore, kultura, tradizione e senso di appartenenza. 

    Il titolo del racconto gioca proprio con la parola tifo, volendo sottolineare sia la sua natura epidemica, sia il fenomeno sociale a cui è legato. Il libro offre, infatti, un dettagliato resoconto di quelli che sono stati i fatti di cronaca, anche più tragici, legati al mondo del pallone. Non solo questo, però, perché ci tiene comunque a ricordare che supportare la propria squadra non ha un'eccezione per forza negativa, anzi è anche un momento di condivisione e di unità che non si esaurisce all'interno di uno stadio, ma va al di là del campo di calcio. 

    Ho scelto di porre a Simon Pietro, che ringrazio per l'infinita disponibilità, sei domande che potessero descrivere al meglio il suo ultimo libro ma anche la sua passione per la scrittura, per il calcio e per le sue grandi storie, in particolare per quelle inerenti proprio al mondo delle tifoserie. 

Qui di seguito vi propongo l'intervista completa.

Da quanto tempo scrivi di calcio e storie sportive? Come nasce questa tua passione giornalistica e di football writer?

Sono appassionato di calcio fin da piccolo, “colpa” di mio fratello grande, che me ne ha mostrato tutte le sue curiose sfaccettature. Già da ragazzino ho sempre ricercato storie e racconti particolari legati al mondo del pallone, fino a quando ho iniziato a scrivere articoli di questo genere per alcune testate sportive online.

Nel tuo ultimo libro "Morti di tifo" ci racconti il calcio da un punto di vista "particolare", parlando dei suoi tifosi e della loro passione per il pallone, che a volte sfocia anche in episodi violenti e sconsiderati: come nasce questa tua idea di scrivere un racconto su un argomento così delicato e forse pure così "scomodo" per noi italiani, ma anche molto importante e significativo per il calcio nostrano?

L’idea nasce qualche anno fa in seguito ad un lungo viaggio in Inghilterra dove ho visto e sperimentato in prima persona la realtà calcistica nell’area geografica in cui è iniziato il fenomeno del tifo violento.
Il mio interesse mi ha portato a documentarmi e leggere quanti più articoli, racconti e storie su questo argomento, raccogliendo e collezionando una grande quantità di informazioni che ho poi riportato nel libro.

Sempre "Morti di tifo" ci parli anche di diversi modelli di tifo, paragonando, in tutte le sue sfaccettature, violente e non, quello inglese a quello italiano. Cosa puoi raccontarci, in breve, su questi due modi di intendere il calcio e tifare la propria squadra del cuore, in realtà poi non così diversi?

Nel libro viene messo a confronto il modello inglese dell’hooligan con quello italiano dell’ultrà, paragonandone storia ed evoluzione. Quello inglese si sviluppa definitivamente intorno agli anni ’60 del secolo scorso, e poco dopo avviene lo stesso con quello italiano, che riprende molto dello stile d’oltremanica, a partire dal look, dal modo di sostenere la propria squadra, l’organizzarsi in gruppi, e anche purtroppo negli atteggiamenti violenti. Nel bene e nel male una maniera simile di tifare per i colori del cuore.

C'è qualche episodio, in particolare, tra i tanti che ci racconti nel libro, a cui sei maggiormente legato, che ti ha colpito più di altri o che senti più vicino, che vuoi, se puoi, raccontarci?

Tra gli episodi raccontati nel libro mi hanno incuriosito quello della tragedia del Maracana del 1950, evento nero per il calcio brasiliano che ha portato addirittura a suicidarsi per il tifo e all’emarginazione dei giocatori della nazionale di calcio; quello dell’Heysel del 1985, perché comunque strettamente legato al nostro paese; quello dell’Hillsborough del 1989, tragico evento che ha iniziato ufficialmente la lotta al tifo violento in Europa; e poi una storia carina, quella della partita della “tregua di Natale” del 1914, la partita di calcio giocata nella terra di nessuno in Belgio tra i soldati tedeschi e quelli britannici in un cessate il fuoco durante la prima guerra mondiale.

Cosa vorresti lasciare ai lettori del tuo libro? Quale importante messaggio vorresti arrivasse a coloro che leggeranno il tuo racconto?

Ci tengo molto a precisare che il libro non è una critica al tifo, ma solo una finestra aperta sull’argomento. Racconto di fatti legati al mondo del pallone senza puntare il dito, e per giustificare comunque questo ragionamento mi domando: considerando che la violenza è presente nelle società in generale, come ci si può aspettare che lo sport riesca a fare ciò che non si osa attuare nella società? E quindi una eventuale critica è rivolta davvero ad altro.

Progetti futuri? Hai altri racconti interessanti sul fantastico mondo del pallone che hai in mente di scrivere, pubblicare e farci leggere, se puoi dircelo?

Sì, sto già raccogliendo parecchio materiale per il prossimo progetto, vorrei scrivere il un libro su un argomento per me davvero molto interessante: il calcio e le donne, la storia e l’evoluzione del rapporto tra questi due mondi, che da tantissimi anni ormai vivono insieme.

Ringrazio ancora una volta Simon Pietro per la sua grande disponibilità e gli auguro un grande in bocca al lupo per il suo nuovo libro e per i suoi prossimi lavori, nella speranza che anche in futuro potremmo ritrovarci a parlare nuovamente di calcio o dei suoi scritti.

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