La 36ª America's Cup e la sua storia

La premiazione di Emirates Team New Zealand dopo la vittoria dell'America's Cup
nel 2017 e una delle precedenti sfide tra il team neozelandese e gli italiani di Luna Rossa
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    Domani, 10 marzo, l'imbarcazione italiana Luna Rossa gareggerà, per la seconda volta nella sua storia, per aggiudicarsi l'America's Cup, il più importante e prestigioso trofeo velistico al mondo. Lo farà contro i plurivincitori di Team New Zealand, che si sono aggiudicati la coppa l'ultima volta, nel 2017, battendo BMW Oracle Racing.

    Il team neozelandese, dell'armatore Grant Dalton, sarà quindi il defender, come si dice in gergo velistico, che mette in palio la Coppa nelle "sue acque" ed è naturalmente il grande favorito per la vittoria finale. Gli sfidanti italiani, guidati da Patrizio Bertelli, identificati con l'appellativo di challenger, sono però pronti a dare filo da torcere ai detentori del trofeo e portare nel nostro paese per la prima volta la Coppa America. Luna Rossa Prada Pirelli, questo il nome completo per ragioni di sponsorizzazione, si è guadagnata la possibilità di giocarsi la vittoria finale dopo aver vinto la Prada Cup, lo scorso mese, contro Ineos Team UK per 7-1.

Le origini dell'America's Cup

    L'Americas's Cup ebbe origine nell'ormai lontano 1851, più esattamente il 22 agosto, il che la rende, tutt'ora, la più antica competizione al mondo per la quale si gareggia ancora. Fu messa in palio per la prima volta in occasione della prima esposizione universale di Londra, quando il Royal Yacht Squadron britannico, composto da ben 15 imbarcazionidecise di invitare nel Regno Unito e sfidare in una regata un sindacato composto da sei velisti americani, capitanati dal Commodoro John Cox Stevensmembri del New York Yacht Club (NYYC). La gara prevedeva un percorso nel quale bisognava navigare attorno all'Isola di Wight, che si trova nella Manica a sud della città di Southampton, per un totale di 53 miglia nautiche (98 km).

    Gli statunitensi decisero di parteciparvi, invece, con una sola imbarcazione, la scuna (schooner in inglese) America, che vinse sorprendentemente la sfida dando ben 8 minuti di distacco alla seconda barca, la britannica Aurora, umiliando, di fatto, l'intera flotta inglese. Vi è anche un aneddoto molto particolare ed interessante su questa gara che vede protagonista la regina Vittoria, la quale, una volta vista l'imbarcazione "straniera" tagliare il traguardo per prima, avrebbe chiesto chi fosse giunto secondo e si sarebbe sentita rispondere, dato il grande distacco in termini di tempo: "Ah, Your Majesty, there is no second"Da qui nascerebbe il famoso motto dell'America's Cup "There is no second", cioè "Non c'è secondo". 

    La coppa in palio si chiamava originariamente "Coppa delle cento ghinee", tanto era infatti costato realizzarla, o anche "Queen's Cup", per omaggiare la regina Vittoria. Dopo il loro successo, però, gli americani la ribattezzarono con il nome attuale di "America's Cup", chiamandola così in onore della barca vincitrice. L'8 luglio 1857 i membri sopravvissuti del sindacato vincitore della prima gara donarono il trofeo, tramite il Deed of Gift of the America's Cup, al NYYC specificando che questo sarebbe stato posseduto dal club newyorkese sulla fiducia come un trofeo da mettere in palio in una sfida perpetua per promuovere la competizione amichevole tra le nazioni.

Il trofeo

    Il trofeo messo, da allora, in palio è rappresentato da una brocca senza fondo in argento sterling decorato, realizzata nel 1848 da Garrard & Co. , un'importante casa d'argenteria londinese. Questa fu acquistata da Henry William Paget, primo marchese di Anglesey, che dopo averla comprata decise di donarla al Royal Yacht Squadron, in modo tale che questa potesse essere il premio della prima gara del 1851. 

    Originariamente era conosciuta come "R.Y.S. £ 100 Cup", che stava semplicemente a significare che questa aveva un valore di un centinaio di GB Pounds (cioè la moneta ufficiale del Regno Unito), anche detti "sovereigns". La coppa, per questo motivo, fu successivamente chiamata erroneamente come "100 Guinea Cup" dagli americani, poiché la ghinea fu la prima moneta britannica, del valore di una libbra, cioè venti scellini. Era anche conosciuta all'inizio, come ricordato anche in precedenza, con l'appellativo di "Queens Cup", in onore della regina del Regno Unito, mentre oggi è ufficialmente conosciuto con il nome di "Coppa America"​​in omaggio al primo vincitore del 1851. Spesso il trofeo viene anche chiamato, affettuosamente, "Auld Mug", in  italiano la "vecchia brocca" dalla comunità velica. Sul trofeo vi sono iscritti i nomi delle imbarcazioni che hanno gareggiato per conquistarlo, tanto che questo è stato modificato due volte per aggiungervi delle basi nelle quali scrivere tutti i nomi dei partecipanti.

    Nel marzo 1997 la Coppa subì anche un "attentato", poiché un malvivente si introdusse nella sede del Royal New Zealand Yacht Squadron, che all'epoca deteneva l'America's Cup e la danneggiò con un martello. L'assalitore, che era un criminale recidivo, sostenne di essere stato spinto da motivazioni politiche, ma fu comunque arrestato per aver commesso un importante reato. Il danno causato fu così grave che si temette che la coppa fosse irrimediabilmente danneggiata, ma la Garrard & Co., che aveva originariamente fabbricato il trofeo, riuscì dopo tre mesi di faticosissimo e minuzioso lavoro a riportare la coppa alle condizioni originali, senza tra l'altro farsi pagare per i suoi servigi. 

Le edizioni successive al 1851

    La coppa rimase nella mani del NYYC e quindi degli americani per la bellezza di 132 anni, la più lunga serie vincente nella storia dello sport, nonostante le numerose sfide a cui il club newyorkese fu sottoposto. I più agguerriti furono naturalmente gli inglesi, che ancora scossi dal duro colpo inferto alla loro invincibile potenza marittima, provarono per diverso tempo a riconquistare l'agognato trofeo, senza però mai riuscirci. 

    Il primo a lanciare la sfida fu, nell'agosto del 1870, l'inglese James Llyod Ashbury, che era al comando di Cambria, ma questa si concluse con un'altra epocale sconfitta. Il NYYC sfidò, infatti, in una regata, conosciuta con il nome di fleet race, nelle acque di New York, la scuna britannica con tutta la sua flotta, composta da ben 17 barche, tanto che l'imbarcazione inglese riuscì a classificarsi solo ottava. A vincere fu Magic, mentre America si classificò quarta, ma la coppa rimase comunque in mani statunitensi. 

    Ashbury non si scoraggiò dopo questa sconfitta e l'anno successivo ci riprovò ancora, questa volta con lo yacht Livonia. Riuscì, così, a convincere i newyorkesi a gareggiare in un match race, al meglio di sette gare, in una sfida testa a testa tra due imbarcazioni. Le gare si tennero nell'ottobre del 1871 e gli americani decisero di partecipare con due differenti imbarcazioni: lo yacht Sappho e la scuna Columbia. Questi due equipaggi, alle fine, vinsero per 4-1 e il trofeo restò nelle mani del NYYC. 

    Anche gli yacht club canadesi provarono a portare via la Coppa agli americani, sia nel 1876, sia nel 1881, con due imbarcazioni differenti, ma non riuscirono mai nell'impresa. Le regate si tennero sempre nelle vicinanze del porto di New York fino al 1930, quando furono spostate al largo di Newport, ma il risultato fu sempre lo stesso: il NYYC vinse sempre e comunque il trofeo. Dal 1930 cambiò anche il tipo di imbarcazioni che presero parte alla competizione, esse facevano parte della cosiddetta J-Class e furono utilizzate fino al 1937, mentre in precedenza si usarono barche da 75, 90 o 85 piedi di lunghezza, a seconda delle regole prestabilite. 

    Tra gli sfidanti più famosi e determinati vi fu anche Sir Thomas Lipton, il fondatore della famosa azienda produttrice di tè, la Lipton, che prende appunto il suo nome. Questi organizzò ben cinque sfide, tra il 1899 e il 1930, sempre con delle imbarcazioni chiamate Shamrock. Uno dei motivi per cui Lipton sfidò così tante volte il NYYC fu sicuramente la pubblicità che le gare generavano per la sua azienda, anche se la prima regata venne organizzata in seguito ad una richiesta personale fatta dall'allora principe di Galles, Edorado Alberto, il quale sperava che Lipton potesse "riportare a casa" il trofeo. In nessuna occasione, però, il "Barone del tè" riuscì a vincere contro gli yacht newyorkesi. Lipton avrebbe dovuto sfidare gli statunitensi anche in una sesta gara, ma prima che questo accadesse morì, nel 1931. 

    Il New York Yacht Club, nonostante i tanti sindacati sfidanti, riuscì dunque a rimanere imbattuto, anche dopo la seconda guerra mondiale, quando venne introdotta anche la classe 12 metri Stazza Internazionale. Neanche le sfide lanciate dal magnante australiano Alan Bond, che per tre volte, dal 1974 al 1980, provò a sconfiggere la corazzata americana, riuscirono a scalfire il predominio americano. Fu così che per ben 25 sfide (fino al 1983) il NYYC rimase imbattuto. I confronti, come ricordato in precedenza, si tennero nell'arco di 132 anni, stabilendo così la più lunga serie vincente nella storia dello sport. Nel frattempo l'America's Cup diventò sempre più importante e vide la richiesta di partecipazione di tantissime imbarcazioni, che dal 1958 si sfidarono in una competizione eliminatoria, la Herbert Claiborne Pell Cupperper, per stabilire il challenger che doveva sfidare proprio il NYYC.

La prima storica sconfitta del NYYC

    Si arrivò, così, all'anno della svolta, il 1983, quando ben sei sindacati, a rappresentanza di altrettanti yacht club, decisero di avanzare delle sfide per la coppa. Fu, così, che venne istituita la prima Louis Vuitton Cup, una competizione che andò praticamente a rappresentare una "fase di qualificazione" dell'edizione di questa Coppa America e aveva lo scopo di stabilire chi sarebbe stato lo sfidante del NYYC. Si tennero allora una serie di regate eliminatorie, che furono sponsorizzate dalla famosa azienda di abbigliamento francese che diede appunto il nome alla competizione. Da quest'anno si iniziò ad indicare anche come challenger il sindacato che si aggiudicava la Louis Vuitton Cup e come Challenger of record il sindacato che lanciava per primo la sfida. Quest'ultimo solitamente stabilisce inizialmente, con il defender, il protocollo dell'edizione che andrà disputata e rappresenta tutti gli altri eventuali sfidanti che si aggiungeranno. 

    La prima edizione del nuovo trofeo fu vinta facilmente sempre dall'imbarcazione di Alan Bond, che per la quarta volta tornò a sfidare i newyorkesi. Gli australiani disponevano, infatti, di uno yacht, chiamato Australia II, che rappresentava il Royal Perth Yacht Club, progettato da Ben Lexcen e guidato dal timoniere John Bertrand. L'imbarcazione era dotata di una particolare chiglia con bulbo rivoluzionario che permetteva agli australiani di avere prestazioni migliori in mare, tanto che, alla fine, in sette regate la barca di Perth riuscì nell'impresa di portar via dalle mani dagli americani l'America's Cup, vincendo con il punteggio di 4-3 contro Liberty, guidata dallo skipper Dennis Conner. Un'impresa storica che spezzò, dopo 132 lunghissimi anni, l'imbattibilità del NYYC. 

    Conner e il suo equipaggio rimasero impietriti da questo risultato, ma si ripresero subito la coppa quattro anni dopo, sfidando nuovamente, questa volta con lo yacht Stars and Stripes del sindacato Sail America, in rappresentanza del San Diego Yacht Club (SDYC), Kookaburra III, guidata dal timoniere Kevin Parry, che sconfissero in finale con un sonoro 4-0 . La barca  di Perry aveva battuto in precedenza proprio il team di Bond, sconfiggendola nell'eliminatoria dei difensori organizzata dal Royal Perth Yacht Club. Il trofeo tornò così, per l'ennesima volta, nelle mani degli americani. Questi lo conservarono per altre due edizioni, nonostante le diatribe giudiziarie, susseguenti alle regate del 1988 contro il Mercury Bay Boating Club, dove il SDYC aveva schierato un piccolo catamarano e vinto. Continuarono a vincere anche dopo l'introduzione dell'International America's Cup Class (IACC), di 25 metri, che sostituì i 12 metri in uso sin dal 1958 e la prima sfida, del 1992, contro il primo challenger non anglosassone, ma italiano: Il Moro di Venezia di Raul Gardini, che la rappresentava la Compagnia della Vela di Venezia. 

Le affermazioni Team New Zealand e di Alinghi

    Nel 1995, però, gli statunitensi persero nuovamente il trofeo. A sconfiggerli fu il Royal New Zealand Yacht Squadron di Auckland, rappresentato dal sindacato Team New Zealand, che dopo essersi aggiudicato la quarta edizione della Louis Vuitton Cup con l'imbarcazione Black Magic, sconfisse anche Young America, sempre del sindacato Sail America, che rappresentava il SDYC. La finale fu senza storia e gli sfidanti, guidati da Sir Peter Blakesi imposero con un netto 5-0 portando per la prima volta il trofeo in Nuova Zelanda. Qui vi rimase per un'altra edizione, nonostante la sfida del 2000 contro un'altra imbarcazione italiana, Luna Rossa, del sindacato Prada Challenge, che rappresentava lo Yacht Club Punta Ala, che i neozelandesi vinsero nuovamente per 5-0. 

    Nel 2003 la Coppa cambiò di nuovo padrone e per la prima volta nella sua storia fu portata in Svizzera dalla Société Nautique de Genève, che gareggiava con SUI-64 del team Alinghi, di proprietà dello svizzero-italiano Ernesto Bertarelli. Gli svizzeri si presentarono alla finale da sfavoriti ma nell'acque di Auckland, dopo diverse gare rinviate dovute all'assenza di vento o al vento troppo forte, riuscirono a sconfiggere il defender per 5-2, riportando così la coppa in Europa dopo ben 156 anni. Alla guida dell'equipaggio vincitore vi era anche, ironia della sorte, lo skipper neozelandese Russell Coutts, che in precedenza aveva gareggiato e vinto proprio per Team New Zealand, che conquistò così la sua quarta Coppa America di fila. Anche nel 2007 Alinghi, nelle acque "straniere" di Valencia, poiché la nazione ellenica non presenta sbocchi sul mare, riuscì a conservare la Coppa, sconfiggendo nella rivincita dell'anno precedente, ancora una volta Team New Zealand per 5-2. 

Il ritorno della Coppa negli Stati Uniti e l'ultima vittoria di Team New Zealand

    Nel 2010, invece Alinghi dovette abdicare, cedendo il titolo, nuovamente agli statunitensi in un cosiddetto DOG match, una sfida di tre gare disputata tra due multiscafi, più precisamente due catamarani, seguendo le antiche regole del Deed of Gift, come richiesto appunto dagli americani. Gli elvetici furono, così, sconfitti dal Golden Gate Yacht Club di San Francisco, rappresentati da Bmw Oracle Racing con l'imbarcazione USA-17, per 2-0.

    Oracle Team USA, la nuova denominazione assunta dagli americani dell'armatore Larry Ellison, sconfisse nell'edizione successiva anche Team New Zealand per 9-8, nelle acque di San Francisco e conservò la Coppa anche nel 2013. Nell'ultima edizione fin qui disputata, quella del 2017, però, i neozelandesi si presero la rivincita e sconfissero i san franciscan per 7-1, nelle acque della Bermuda, con il catamarano Aotearoa, a rappresentanza sempre del Royal New Zealand Yacht Squadron (RNZYS) riportando l'America's Cup nell'isola chiamata proprio con il nome dell'imbarcazione vincente dai suoi abitanti Maori

Le imbarcazioni italiane e l'America's Cup

    Sono state in tutto due le imbarcazioni italiane che hanno partecipato alla Coppa America. La prima fu, come già ricordato più sopra, Il Moro di Venezia dell'armatore ravennate Raul Gardini, che la rappresentava la Compagnia della Vela di Venezia. Questa prese parte all'edizione del 1992, dopo aver conquistato la Louis Vuitton Cup contro New Zealand Challenge, ma perse in finale, nelle acque di San Diego, per 4-1 contro America³ di Bill Koch che rappresentava il SDYC. Il team italiano, con al timone il famoso skipper Paul Cayard, fu il primo sindacato non anglosassone a raggiungere la finale dell'ambito trofeo. 

    La seconda fu, invece, nel 2000Luna Rossa, del sindacato Prada Challenge, sponsorizzata come si evince dal nome dal famoso marchio di abbigliamento italiano Prada, vincitrice della Louis Vuitton Cup contro AmericaOne nello stesso anno. Questa fu fondata nel 1997 dall'armatore Patrizio Bertelli ed era guidata all'epoca dallo skipper Francesco De Angelis. La barca italiana, che rappresentava in quella edizione lo Yacht Club Punta Ala, la cui sede è nella Marina, in località Il Porto, Punta Ala, in provincia di Grosseto, perse però anch'essa la finale contro Team New Zealand per 5-0. Luna Rossa ha partecipato anche nel 2003, 2007 e 2013 alla Louis Vuitton Cup e naturalmente prenderà parte anche quest'anno alla finale della Coppa.

    Non solo Il Moro di Venezia e Luna Rossa però, perché altre cinque imbarcazioni italiane hanno preso alla competizione, seppur indirettamente, perché partecipanti alla "qualificazioni" della Coppa America, che mettevano in palio la Louis Vuitton Cup. La prima fu, nel 1983, l'imbarcazione chiamata Azzurra, schierata dallo Yacht Club Costa Smeralda, col sostegno dell'Aga Khan e di Gianni Agnelli. Questa, guidata dallo skipper Cino Ricci e dal timoniere Mauro Pelaschier, si classificò terza tra gli sfidanti, facendo conoscere molto meglio agli italiani il magnifico sport della vela. 

    Nel 1987 oltre ad Azzurra, che arrivò undicesima su tredici sfidanti, ci fu anche Italia, che fece leggermente meglio e arrivò settima. Lo skipper di quest'ultima fu Aldo Migliaccio, mentre il timoniere era Tommaso Chieffi. Italia rappresentò in quell'anno lo Yacht Club Italiano di Genova, con il patrocinio della famiglia Gucci

    La quinta imbarcazione italiana è stata, invece, Mascalzone Latino degli armatori Vincenzo Onorato e Maurizio Lacava. Questa ha partecipato a due edizioni della Louis Vuitton Cup nel 2003 e nel 2007, rappresentando il Reale Yacht Club Cannottieri Savoia di Napoli, mentre ora è associata al Club Nautico di Roma. Mascalzone Latino avrebbe dovuto, inoltre, ricoprire il ruolo di Challenger of Record, cioè di primo sfidante, per la America's Cup 2013. L'11 maggio 2011 di quell'anno, però, con un comunicato stampa, Vincenzo Onorato ha annunciato ufficialmente il ritiro del team per via delle difficoltà economiche che non hanno permesso il raggiungimento del budget previsto per partecipare alla competizione. 

    La sesta e ultima fu, infine, +39 Challenge che ha partecipato alle "qualificazioni" della 32ª edizione dell'America's Cup. Il suo proprietario era Lorenzo Rizzardi e lo skipper era Luca Devoti. +39 Challenge gareggiava con le insegne del Circolo Vela Gargnano.

La Prada Cup

    Dal 2021 la Prada Cup, ha preso di fatto il posto della Louis Vuitton Cup, ed è, ad ora, la competizione velica internazionale che ha il compito di individuare lo sfidante, cioè il challenger, della successiva America's Cup. Rappresenta, di fatto, come avveniva con la "vecchia" Coppa, una sorta di fase ad eliminazione nella quale diversi sindacati si sfidano per accedere alla sfida finale con il defender ed è compresa nell'edizione della Coppa America, per la quale i diversi yacht club vanno a competere. È patrocinata dall'omonima azienda italiana di abbigliamento. 

    La prima e ultima edizione se l'è aggiudicata proprio il team italiano Luna Rossa Prada Pirelli, schierata dal sindacato Luna Rossa Challenge, che rappresenta il Circolo della Vela Sicilia dal 2011. Nelle acque di Auckland, in Nuova Zelanda, con al comando lo skipper nostrano Max Sirena e per la prima volta con la figura del doppio timoniere (il neozelandese James Spithill e l'italiano Francesco Bruni) ha affrontato e sconfitto Ineos Team UK, che rappresentava il Royal Yacht Squadron, per 7-1 nella finale, al meglio di 13 regate, della competizione. Luna Rossa è stata anche il Challenger of Record, cioè la prima imbarcazione a lanciare la sfida a Team New Zealand. Ad essa si sono poi aggiunti altri due sindacati: American Magic, che rappresentava il NYYC e gli sconfitti di Ineos Team UK. Queste tre imbarcazioni si sono sfidate una contro l'altra prima in un girone all'italiana, detto round robin e poi in una fase ad eliminazione diretta che ha determinato il nome del vincitore della Prada Cup e di fatto anche il challenger principale.

La 36ª edizione dell'America's Cup

    Come detto già all'inizio di questo articolo l'atto finale della 36ª edizione dell'America's Cup comincerà domani, 10 Marzo, alle ore 16.00 locali, cioè le 04.00 italiane, nella acque di Auckland, in Nuova Zelanda. Possiamo definire questo come il "campo di casa" del defender Team New Zealand, che naturalmente, come sempre avvenuto, ha il diritto di difendere il titolo in casa propria. I neozelandesi parteciperanno, rappresentando ancora il RNZYS, con il catamarano della classe A75 denominato Te Rehutai, guidato, rispettivamente, dallo skipper e dal timoniere neozelandesi Glenn Ashby e dal timoniere Peter Burling, mentre Luna Rossa avrà lo stesso catamarano, sempre A75  e lo stesso equipaggio visto in Prada Cup.

    La sfida sarà al meglio delle 13 regate. La competizione sarebbe dovuta cominciare già il 6 marzo, ma a causa di alcune restrizioni imposte dalle autorità locali per via di alcuni casi di COVID-19 in Nuova Zelanda l'inizio è stato posticipato alla data del 10 marzo.

    Le regate si svolgeranno, invece, su un numero di sei lati da percorrere, come in genere stabilito. Inoltre, in base alle condizioni del vento la direzione di gara potrà decidere se far percorrere un numero superiore o inferiore di lati, rimanendo nel tempo limite fissato per una regata, che in genere è di 45' minuti. Al termine di ciascun lato verrà, infine, con sempre, posto un cancello con due boe.

    Da italiano non posso naturalmente che sperare nella vittoria di Luna Rossa e del suo team, in  modo tale che il trofeo approdi finalmente nel nostro bel paese, in cui la tradizione nautica è radicata da secoli e secoli. Da sportivo mi auguro, invece, che possa vincere l'imbarcazione migliore e che la competizione possa essere entusiasmante, come lo è sempre stata, rendendo onore al trofeo sportivo più antico del mondo che ha fatto appassionare e sognare milioni e milioni di velisti. Buon vento ad entrambi i partecipanti dunque!

Bibliografia e sitografia:

- Wikipedia.org
- americascup.com

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