Lo sport nell'antichità: l'importanza culturale delle attività sportive nell'Antica Grecia
Anche questa domenica tornano gli articoli di approfondimento sul blog Culturalmente Sport. Oggi, in particolare, voglio continuare con la serie di articoli, inaugurata la scorsa settimana, in cui vi parlo delle attività "sportive" praticate nelle civiltà antiche. Questi avranno come titolo "Lo sport nell'antichità" e parlano degli sport, dei luoghi ad esso dedicati e dell'importanza culturale e sociale della pratica sportiva nell'antica Roma, nell'antica Grecia, ma anche in altre civiltà storiche. Il secondo articolo è dedicato all'importanza culturale delle attività "sportive" praticate nell'antica Grecia. Quando si parla di sport nell'antica Grecia, infatti, bisogna partire da un presupposto fondamentale: in origine questo era legato principalmente alla religione, all'arte militare e alla sfera aristocratica. Le origini dello sport, infatti, risalgono alla pratica dei riti funebri e dei culti eroici che erano alla base della cultura degli antichi greci. Inoltre gli atleti erano legati profondamente anche all’ideologia aristocratica, poiché condividevano proprio con aristocratici alcuni valori come la superiorità fisica, il desiderio del primato, della gloria eterna ed il disprezzo per lo sconfitto. Con il passare del tempo, però, lo sport si è possiamo dire "laicizzato" ed è stato successivamente riconosciuto come un’attività agonistica e professionale. |
La vittoria come valore e glorificazione
I primi Giochi raccontati nell'Iliade
La prima descrizione di gare atletiche nell'antica Grecia la troviamo nel libro XXIII dell'Iliade di Omero. Qui si parla, infatti, di alcuni Giochi organizzati da Achille a conclusione del rito funebre per la morte di Patroclo, ucciso da Ettore nel corso della guerra di Troia. Queste competizioni erano, quindi, organizzate con un forte significato simbolico tramite degli spettacoli di forza e destrezza sportiva, con i quali si voleva quasi riconciliarsi con la morte e restituire una certa vitalità perduta. Le gare che si svolgevano erano molteplici e comprendevano: gli incontri di pugilato e di lotta, le corse di carri trainati da cavalli, la corsa, il lancio del giavellotto e del peso, il tiro con l’arco e il combattimento con le armi. Potete ben notare che queste erano tutte "specialità sportive" in qualche modo alla guerra, poiché a sfidarsi furono gli stessi guerrieri che combattevano la guerra di Troia e all'epoca non esistevano ancora atleti professionisti. Le competizioni erano accompagnate anche da un premio, athlon, da cui deriva la parola atleta, che veniva conferito vincitore per sottolineare la sua l'eccellenza, cioè l'areté.
Le Olimpiadi e gli altri Giochi antichi
Gli antichi Ellenici, come ben saprete, furono anche i primi ad organizzare delle gare sportive a cadenza periodica. Queste erano organizzate con grande solennità e con complessi cerimoniali, oltre che tecnici ed amministrativi. Lo scopo primario era quello di onorare, innanzitutto, gli dei con l’organizzazione di queste competizioni nel contesto di meticolose cerimonie. Questi Giochi diventarono, poi, con il passare del tempo, non solo un’occasione rituale, ma anche agonistica.
I Giochi più importanti e conosciuti furono, senza ombra di dubbio, le Olimpiadi, che ebbero inizio nel 776 a.C. e si svolsero ininterrottamente, ogni quattro anni, per ben undici secoli, fino al 393 a.C., quando l’imperatore romano Teodosio I decise di sospenderle definitivamente perché giudicate troppo pagane. Queste gare erano organizzate, ad Olimpia, in onore di Zeus e vi partecipavano tutte i cittadini maschi liberi della Grecia e delle colonie sparse nel Mediterraneo, come quelle della Magna Grecia per esempio, ma non solo. Gli schiavi e le donne, invece, non erano ammessi alle gare, con le ultime che non potevano neanche assistervi, pena addirittura la morte. Durante queste competizioni, veniva inoltre proclamata la "pace olimpica", un periodo nel quale i Greci sospendevano tutte le guerre e le contese in modo tale che si potesse raggiungere la città sede della competizione senza alcun pericolo.
Vi erano, però, altre centinaia di Giochi organizzati nell'Antica Grecia. Tra questi vale la pena ricordare i Giochi pitici, in onore di Apollo a Delfi, quelli Nemei, disputati a Nemea in onore di Zeus e quelli Istmici, dedicati a Poseidone e organizzati a Corinto. Questi, insieme ai Giochi Olimpici, formavano i Giochi Panellenici e venivano organizzati per tutte le città e la popolazioni dell'Ellade, oltre che delle colonie disseminate in giro per il Mediterraneo. Gli altri, invece, erano competizioni minori e avevano spesso cadenza annuale, come i Giochi panatenaici, organizzati ad Atene in occasione della festa delle Panatenee o i Giochi Tolemaici, organizzati ad Alessandria in onore di Tolomeo.
Alla base c’erano, però, sempre i riti religiosi con le loro processioni, i loro sacrifici, loro offerte votive le preghiere agli dei, che facevano compagnia alle feste e alle competizioni agonistiche. Queste potevano essere non solo gare sportive, ma anche musicali, di retorica, di arte drammatica, di danza o di pittura, ma sempre con lo stesso scopo: la vittoria. Al centro di queste, infatti, vi erano sempre l'attività agonistica e la competizione. I coristi, i musici, i danzatori, gli araldi e i drammaturghi gareggiavano tra di loro e ottenevano gli stessi premi riservati agli atleti.
I vincitori dei Giochi Olimpici ricevevano come simbolo del loro trionfo, una corona di ulivo, composta con i rami degli alberi del santuario di Zeus. In altri Giochi, invece, le corone erano composte di alloro, di sedano o di pino, a seconda di dove questi si svolgevano. Dopo l’incoronazione i vincitori dei venivano portati in trionfo, ammirati e immortalati in poemi e statue. La vittoria rappresentava, quindi, il simbolo di gloria suprema e dell'immortalità, era la massima riconoscenza pubblica e consacrava il vincitore primo cittadino della Grecia. La gara più prestigiosa era lo stadion, il vincitore di questa veniva spesso considerato come il trionfatore degli interi Giochi e per molti secoli l'Olimpiade seguente a quella della sua vittoria prendeva addirittura il nome del vincitore di questa corsa, il quale doveva poi accendere anche il fuoco della competizione successiva. Vi era, poi, anche una celebrazione religiosa e infine un banchetto comune, insieme al pubblico e agli altri atleti.
A partire dal VI secolo a.C. anche le donne poterono prendere parte ai Giochi. Fu, infatti, organizzata una competizione riservata solo alle atlete di sesso femminile, i Giochi Erei, dedicati a Era, la moglie di Zeus. Molto probabilmente si svolgevano negli stessi anni delle Olimpiadi e si tenevano prima delle gare maschili.
Il "professionismo" e la "laicizzazione" dello sport
A partire dal V secolo a.C. lo sport divenne nell'Ellade una vera e propria professione. Questo, quindi, non fu più un’attività svolta solo dai giovani aristocratici e dai militari, poiché i cittadini di ogni ceto sociale poterono, da questo momento, diventare atleti di alto livello. Nonostante ciò, però, restò molto difficile praticare la professione dello sportivo. Vi erano, infatti, non solo dei costi elevati per il mantenimento dei cavalli e dei carri, per esempio, ma era anche abbastanza difficile farsi finanziare per l'attività sportiva e per giunta era praticamente impossibile svolgere attività lavorative durante i periodi di gara. Queste complicazioni economiche e altre difficoltà fecero così rimanere invariato, per diverso tempo, l'accesso alle discipline sportive e gli atleti continuarono a provenire dalle famiglie greche più nobili e ricche. Ad un certo punto, però, il moltiplicarsi dei giochi sportivi e l'aumento dei premi offerti ai vincitori cambiarono le cose. Il potere e l'ideologia del ceto aristocratico cominciò, infatti, a diminuire e lo sport perse, a poco a poco, la sua sacralità e la sua religiosità.
Nonostante, ciò, però continuò ad essere praticata l'accensione del fuoco della fiamma olimpica, che ancora oggi si ricollega ai valori originari delle Olimpiadi. Questa si svolge, tutt'ora, ancora ad Olimpia, nelle antiche rovine del tempio di Era, con l'accensione del fuoco con una torcia posta all’interno di uno specchio parabolico concavo, che concentra i raggi del sole. La torcia viene, poi, trasportata da diversi atleti fino alla città che ospiterà i Giochi Olimpici con una staffetta. Questa termina il giorno della cerimonia di apertura e la cosiddetta fiamma olimpica resta accesa per tutto lo svolgimento delle Olimpiadi. Una cerimonia molto evocativa, che si rifà all’ambito sacrale per le quali vennero create le Olimpiadi antiche, quando gli atleti gareggiavano tra loro per ottenere la gloria eterna e avvicinarsi il più possibile agli dei.
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