Lo sport nell'antichità: l'importanza culturale delle attività sportive nell'Antica Grecia

Lo Stadio Panathinaiko di Atene, dove si svolgevano i Giochi Panatenaici 
e un vaso greco a figure nere, risalente a circa il 530 a.C., che raffigura degli atleti
impegnati proprio in questi giochi (immagini tratte da mywowo.net e wikipedia.org).

    Anche questa domenica tornano gli articoli di approfondimento sul blog Culturalmente Sport. Oggi, in particolare, voglio continuare con la serie di articoli, inaugurata la scorsa settimana, in cui vi parlo delle attività "sportive" praticate nelle civiltà antiche. Questi avranno come titolo "Lo sport nell'antichità" e parlano degli sport, dei luoghi ad esso dedicati e dell'importanza culturale e sociale della pratica sportiva nell'antica Roma, nell'antica Grecia, ma anche in altre civiltà storiche. 

    Il secondo articolo è dedicato all'importanza culturale delle attività "sportive" praticate nell'antica Grecia.

    Quando si parla di sport nell'antica Grecia, infatti, bisogna partire da un presupposto fondamentale: in origine questo era legato principalmente alla religione, all'arte militare e alla sfera aristocratica. Le origini dello sport, infatti, risalgono alla pratica dei riti funebri e dei culti eroici che erano alla base della cultura degli antichi greci. Inoltre gli atleti erano legati profondamente anche all’ideologia aristocratica, poiché condividevano proprio con aristocratici alcuni valori come la superiorità fisica, il desiderio del primato, della gloria eterna ed il disprezzo per lo sconfitto. Con il passare del tempo, però, lo sport si è possiamo dire "laicizzato" ed è stato successivamente riconosciuto come un’attività agonistica e professionale

La vittoria come valore e glorificazione

    I Greci hanno per primi sviluppato un vero e proprio ideale atletico, basato proprio sull'agonismo intrinseco nella loro società e nella loro vita di tutti i giorni. Per loro la vittoria era, quindi, fondamentale per affermare il proprio valore nella comunità. L’attività fisica, infatti, era parte integrante della cultura della società  ed era vista più come un dovere, piuttosto che un piacere. Basti pensare a Sparta, l'esempio più emblematico, dove i ragazzi già a 7 anni vivevano all'interno di un rigido regime militare, dove la pratica sportiva, unita all'arte della guerra, la faceva da padrone.

    Solo la vittoria, dunque, portava alla gloria eterna, all'immortalità e consentiva l’atleta di avvicinarsi agli dei. Non esistevano primi o secondi, perché il non arrivare primi non era contemplato, si gareggia a non per partecipare, ma per vincere e basta. Non arrivare al trionfo significava, quindi, perdere del tutto. L'avversario non andava rispettato, ma solo sconfitto. I giochi di squadra, inoltre, non esistevano, poiché a vincere poteva essere solo un singolo individuo

I primi Giochi raccontati nell'Iliade

    La prima descrizione di gare atletiche nell'antica Grecia la troviamo nel libro XXIII dell'Iliade di Omero. Qui si parla, infatti, di alcuni Giochi organizzati da Achille a conclusione del rito funebre per la morte di Patroclo, ucciso da Ettore nel corso della guerra di Troia. Queste competizioni erano, quindi, organizzate con un forte significato simbolico tramite degli spettacoli di forza e destrezza sportiva, con i quali si voleva quasi riconciliarsi con la morte e restituire una certa vitalità perduta. Le gare che si svolgevano erano molteplici e comprendevano: gli incontri di pugilato e di lotta, le corse di carri trainati da cavalli, la corsa, il lancio del giavellotto e del peso, il tiro con l’arco e il combattimento con le armi. Potete ben notare che queste erano tutte "specialità sportive" in qualche modo alla guerra, poiché a sfidarsi furono gli stessi guerrieri che combattevano la guerra di Troia e all'epoca non esistevano ancora atleti professionisti. Le competizioni erano accompagnate anche da un premio, athlon, da cui deriva la parola atleta, che veniva conferito vincitore per sottolineare la sua l'eccellenza, cioè l'areté

Le Olimpiadi e gli altri Giochi antichi

    Gli antichi Ellenici, come ben saprete, furono anche i primi ad organizzare delle gare sportive a cadenza periodica. Queste erano organizzate con grande solennità e con complessi cerimoniali, oltre che tecnici ed amministrativi. Lo scopo primario era quello di onorare, innanzitutto, gli dei con l’organizzazione di queste competizioni nel contesto di meticolose cerimonie. Questi Giochi diventarono, poi, con il passare del tempo, non solo un’occasione rituale, ma anche agonistica.

    I Giochi più importanti e conosciuti furono, senza ombra di dubbio, le Olimpiadi, che ebbero inizio nel 776 a.C. e si svolsero ininterrottamente, ogni quattro anni, per ben undici secoli, fino al 393 a.C., quando l’imperatore romano Teodosio decise di sospenderle definitivamente perché giudicate troppo pagane. Queste gare erano organizzate, ad Olimpia, in onore di Zeus e vi partecipavano tutte i cittadini maschi liberi della Grecia e delle colonie sparse nel Mediterraneo, come quelle della Magna Grecia per esempio, ma non solo. Gli schiavi e le donne, invece, non erano ammessi alle gare, con le ultime che non potevano neanche assistervi, pena addirittura la morte. Durante queste competizioni, veniva inoltre proclamata la "pace olimpica", un periodo nel quale i Greci sospendevano tutte le guerre e le contese in modo tale che si potesse raggiungere la città sede della competizione senza alcun pericolo.

    Vi erano, però, altre centinaia di Giochi organizzati nell'Antica Grecia. Tra questi vale la pena ricordare i Giochi pitici, in onore di Apollo a Delfi, quelli Nemei, disputati a Nemea in onore di Zeus e quelli Istmici, dedicati a Poseidone e organizzati a Corinto. Questi, insieme ai Giochi Olimpici, formavano i Giochi Panellenici e venivano organizzati per tutte le città e la popolazioni dell'Ellade, oltre che delle colonie disseminate in giro per il Mediterraneo. Gli altri, invece, erano competizioni minori e avevano spesso cadenza annuale, come i Giochi panatenaici, organizzati ad Atene in occasione della festa delle Panatenee o i Giochi Tolemaici, organizzati ad Alessandria in onore di Tolomeo.

    La gara classica a cui partecipavano gli atleti greci era il pentathlon, introdotto nel 708 a.C, che consisteva in cinque diverse discipline. Queste erano: la lotta, lo sport più seguito, dove gli sfidanti si avvicinavano a testa bassa e con le mani in avanti cercando di afferrare il diretto avversario per la testa, il collo, il busto o le braccia; la corsa, una gara di velocità o di resistenza; il salto in lungo, nel quale gli atleti solitamente bilanciavano la muscolatura delle braccia afferrando manubri di peso variabile prima di saltare; il lancio del disco, effettuato con un piattello bronzeo che pesava da 1 a 4 kg; il lancio del giavellotto, con l'attrezzo utilizzato che aveva la stessa altezza dell’atleta che lo lanciava ed era spesso da uno a due cm.

    Oltre a questo sport erano anche praticati: lo stadion, una gara di corsa su rettilineo di 192,28 metri, la prima gara disputata in assoluto che prendeva il nome dal luogo dove veniva svolta; il diaulos, cioè un doppio stadion e quindi una gara di corsa di circa 380 metri; il dolichos, una corsa di resistenza di circa 4800 metri; la lotta libera; il pugilato; la corsa dei carri e dei cavalli; il pancrazio, cioè un combattimento misto composto da lotta e pugilato; l'hoplitodromos, l'ultima gara aggiunta in ordine temporale, che consisteva nella corsa con le armi. 

    Alla base c’erano, però, sempre i riti religiosi con le loro processioni, i loro sacrifici, loro offerte votive le preghiere agli dei, che facevano compagnia alle feste e alle competizioni agonistiche. Queste potevano essere non solo gare sportive, ma anche musicali, di retorica, di arte drammatica, di danza o di pittura, ma sempre con lo stesso scopo: la vittoria. Al centro di queste, infatti, vi erano sempre l'attività agonistica e la competizione. I coristi, i musici, i danzatori, gli araldi e i drammaturghi gareggiavano tra di loro e ottenevano gli stessi premi riservati agli atleti.

    I vincitori dei Giochi Olimpici ricevevano come simbolo del loro trionfo, una corona di ulivo, composta con i rami degli alberi del santuario di Zeus. In altri Giochi, invece, le corone erano composte di alloro, di sedano o di pino, a seconda di dove questi si svolgevano. Dopo l’incoronazione i vincitori dei venivano portati in trionfoammirati e immortalati in poemi e statue. La vittoria rappresentava, quindi, il simbolo di gloria suprema e dell'immortalità, era la massima riconoscenza pubblica e consacrava il vincitore primo cittadino della Grecia. La gara più prestigiosa era lo stadion, il vincitore di questa veniva spesso considerato come il trionfatore degli interi Giochi e per molti secoli l'Olimpiade seguente a quella della sua vittoria prendeva addirittura il nome del vincitore di questa corsa, il quale doveva poi accendere anche il fuoco della competizione successiva. Vi era, poi, anche una celebrazione religiosa e infine un banchetto comune, insieme al pubblico e agli altri atleti. 

    A partire dal VI secolo a.C. anche le donne poterono prendere parte ai Giochi. Fu, infatti, organizzata una competizione riservata solo alle atlete di sesso femminile, i Giochi Erei, dedicati a Era, la moglie di Zeus. Molto probabilmente si svolgevano negli stessi anni delle Olimpiadi e si tenevano prima delle gare maschili.

Il "professionismo" e la "laicizzazione" dello sport

    A partire dal V secolo a.C. lo sport divenne nell'Ellade una vera e propria professione. Questo, quindi, non fu più un’attività svolta solo dai giovani aristocratici e dai militari, poiché i cittadini di ogni ceto sociale poterono, da questo momento, diventare atleti di alto livello. Nonostante ciò, però, restò molto difficile praticare la  professione dello sportivo. Vi erano, infatti, non solo dei costi elevati per il mantenimento dei cavalli e dei carri, per esempio, ma era anche abbastanza difficile farsi finanziare per l'attività sportiva e per giunta era praticamente impossibile svolgere attività lavorative durante i periodi di gara. Queste complicazioni economiche e altre difficoltà fecero così rimanere invariato, per diverso tempo, l'accesso alle discipline sportive e gli atleti continuarono a provenire dalle famiglie greche più nobili e ricche. Ad un certo punto, però, il moltiplicarsi dei giochi sportivi e l'aumento dei premi offerti ai vincitori cambiarono le cose. Il potere e l'ideologia del ceto aristocratico cominciò, infatti, a diminuire e lo sport perse, a poco a poco, la sua sacralità e la sua religiosità

    Nonostante, ciò, però continuò ad essere praticata l'accensione del fuoco della fiamma olimpica, che ancora oggi si ricollega ai valori originari delle Olimpiadi. Questa si svolge, tutt'ora, ancora ad Olimpia, nelle antiche rovine del tempio di Era, con l'accensione del fuoco con una torcia posta all’interno di uno specchio parabolico concavo, che concentra i raggi del sole. La torcia viene, poi, trasportata da diversi atleti fino alla città che ospiterà i Giochi Olimpici con una staffetta. Questa termina il giorno della cerimonia di apertura e la cosiddetta fiamma olimpica resta accesa per tutto lo svolgimento delle Olimpiadi. Una cerimonia molto evocativa, che si rifà all’ambito sacrale per le quali vennero create le Olimpiadi antiche, quando gli atleti gareggiavano tra loro per ottenere la gloria eterna e avvicinarsi il più possibile agli dei.

I luoghi dello sport

    In ogni polis, cioè le città stato greche, vi erano diversi luoghi dedicati allo sport. Qui i ragazzi svolgevano, già durante i corsi scolastici, prima in modo meno impegnativo e poi, arrivati ai 10-12 anni, in modo serio e intensivo l'attività sportiva.

    L'insegnante di ginnastica era chiamato pedotibo, costui era riconoscibile da un mantello color porpora che indossava quando non era impegnato nella pratica sportiva e che si toglieva, invece, quando doveva spiegare l’esecuzione degli esercizi fisici. Inoltre portava sempre con sé un lungo bastone forcuto che impugnava come a mo' di scettro: questo strumento di potere veniva utilizzato, quando serviva, per separare i lottatori, ma anche per punire, con le "bastonate", gli allievi indisciplinati.

    I luoghi pubblici dove si svolgeva lo sport erano, invece, i ginnasi, cioè le nostre palestre che offrivano spazi di allenamento per tutti. Questi erano luoghi aperti, solitamente a pianta quadrata, dove gli atleti si esercitavano completamente nudi. La stessa parola ginnasio deriva, infatti, dal greco gimnos, che significa “nudo”. Il corpo veniva, quindi, unto di olio e cosparso di sabbia e polvere per agevolare la pratica sportiva. Nei ginnasi vi erano, dunque, anche depositi di oli e sabbie da cospargere sul corpo, oltre che di sale per la conservazione dello stesso. C'erano anche dei collegamenti ai bagni pubblici dove erano presenti delle vasche da bagno e delle saune per lavarsi, detergere il corpo e rilassarsi dopo l'attività fisica. 

    In questi luoghi, però, l'attività principale restava comunque la preparazione sportiva agonistica e non il il solo relax nelle vasche e nelle saune, come avveniva ai tempi dell'Antica Roma nelle terme. L’ingresso ai bagni pubblici, inoltre, costava molto poco e in alcuni vi erano anche delle sale dedicate solamente alle donne. Queste, però, venivano frequentate sostanzialmente dai ceti più bassi, che li usavano per lavare il proprio corpo, visto che la maggior parte delle donne viveva, invece, gran parte delle proprie giornate nel gineceo, la parte più interna delle case greche, dedicata alle attività definite femminili

    Durante i Giochi organizzati, invece, la maggior parte delle gare e non solo quelle di cosra si svolgevano all'interno dello stadion, in latino stadium, dal quale prende, come già detto in precedenza, la prima gara olimpica della storia, cioè la corsa su di un rettilineo. Questo edificio era abbastanza grande, con una pista larga circa 29 m, in modo tale che potesse contenere tutti i concorrenti ed era in origine costruito alle pendici di un monte, in modo tale che potesse contenere un gran numero di spettatori.

    Vi era poi anche l'ippodromo dove si svolgevano le corse dei carri e dei cavalli. Questo era in genere molto grande e molto ampio, per esempio quello di Olimpia misurava circa 550 metri in lunghezza e circa 275 metri in larghezza ed  era costruito ai piedi di una collina nei pressi di un ampio fiume. Vi potevano, in questo modo, gareggiare fino a 60 carri contemporaneamente e poteva ospitare fino a 10.000 spettatori in piedi.

    Infine vi era anche una sorta di "villaggio olimpico" costituito dal bouleuterion, dove avveniva il il giuramento degli atleti e vi erano anche diverse palestre per gli allenamenti e il leonidaion, una sottospecie di "albergo" dove dormivano gli atleti più importanti e gli ospiti di un certo riguardo. 

Bibliografia e sitografia

- Wikipedia.org 
- Ultimavoce.it
Olimpiadi. I primi mille anni, di Moses Finley e Henry W. Pleket, Edizioni Res Gestae, Milano 2012
- L'importante è vincere, Da Olimpia a Tokyo, di Eva Cantarella ed Ettore Miraglia, Feltrinelli Editore, Milano 2021

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