La Partita: quando il calcio diventa metafora della vita

(moviebet.it)

Il film di cui voglio parlarvi oggi è stato pubblicato solo qualche giorno fa su Netflix, ma sta già riscuotendo, in Italia, un ottimo successo di pubblico. Ennesima dimostrazione di quanto ormai i film distribuiti sulle piattaforme digitali di streaming stiano, già da qualche anno, attirando una moltitudine di appassionati che non accenna a fermarsi. 

Il suo titolo è La Partita, opera prima di Francesco Carnesecchi (almeno per quanto riguarda i lungometraggi), che vede come principali protagonisti Francesco PannofinoAlberto Di Stasio e Giorgio Colangeli. La pellicola è stata proiettata nel 2018 al Roma Indipendent Film Festival, per poi essere distribuito nelle sale cinematografiche a Febbraio di quest'anno. A causa della pandemia di Covid-19, però, la sua permanenza nei cinema è stata molto breve, ecco perché possiamo considerarlo praticamente un film di "nuova" distribuzione. 

Una storia autentica, ma allo stesso tempo cruda e "polverosa", così potremmo definire la trama del film. Il protagonista della pellicola è sicuramente il calcio di periferia, che fa da filo conduttore per tutto il racconto, accompagnando le drammatiche esistenze dei diversi personaggi che appaiono sullo schermo. Personaggi tormentati, che affollano il campetto di calcio di una Roma periferica e senza apparente speranza di riscatto. 

In questa moltitudine di vite, spiccano due personalità: da una parte Claudio (Pannofino) e dall'altra Italo (Di Stasio), entrambi legati dalla passione per il pallone e dalle sconfitte nella vita e nel gioco. Solo questi due aspetti, però li accomunano, perché nell'atteggiamento i due sono molto diversi. Il primo è un uomo che tiene al suo "lavoro", che crede in quello che fa e vive con passione il suo essere allenatore di un gruppo di ragazzini che prova disperatamente a portare al successo. Il successo appunto, questo sconosciuto per Claudio, che pur allenando da una vita non ha mai vinto nulla, è sempre uscito sconfitto da quel rettangolo di gioco che rappresenta la sua esistenza, sacrificata nel nome dell'amore per il calcio. Il secondo, invece, è un uomo totalmente disperato, a cui la vita ha regalato solo dolori. Italo, infatti, si ritrova pieno di debiti, a causa di investimenti sbagliati e della sua "malattia" per le scommesse che lo hanno portato a rovinare anche la sua associazione sportiva, lo Sporting Roma, del quale è presidente. Come se non bastasse poi, anche suo figlio, tossicodipendente cronico, è il primo a procurargli guai per via dei suoi "debiti di droga" e per i suoi consigli di investimenti a dir poco allucinanti. Ecco perché, totalmente in preda alle sue paranoie e ai suoi demoni, dopo aver deciso di scommettere pure sulla sua squadra, si ritrova faccia a faccia con il suo allenatore per supplicarlo di ottenere quel risultato che gli permetterebbe di non perdere tutti i suoi soldi. 

Una storia autentica di vita, che essere anche crudele e spietata, come dicevo precedentemente, nella quale si percepisce l'amore del regista per il calcio periferico. Quello dei campetti in terra battuta, polverosi nelle giornate afose e fangosi in quelle di pioggia, delle scuole calcio e dei loro presidenti, in cui risiedono le speranze e i sogni di tanti ragazzini, che si avvicinano al mondo del pallone sperando di sfondare e diventare qualcuno. Il calcio vero, nudo e crudo, lontano dai miliardi della Serie A e della Champions League, che diventa una vera e propria scuola di vita. Perché, fin dal primo giorno, sai che devi lottare per conquistare il tuo spazio, per vincere e superare avversari più forti di te, più determinati, sia in campo che fuori. Un calcio nel quale non ti devi arrendere neanche per un secondo se vuoi farti rispettare e non vuoi essere schiacciato, lottando contro tutto e tutti, scendendo a volte anche a compromessi scomodi, che ti lasciano vuoto e pensieroso.

Un film nel quale i calciatori non sono mai lindi e puliti, pettinati e abbronzati, "senza macchia e senza paura" come i grandi campioni, ma sporchi, sudati, sanguinanti e affaticati, perché devono lottare su ogni pallone per conquistare la tanto agognata vittoria, così come accade nella vita vera. Anche il contorno, però, non è da meno perché anche i presidenti, gli allenatori, i padri, figli e le mogli sono sudici e lerci, proprio come i giocatori in campo. Vivono la loro esistenza in modo volgare ed impuro, imbrattandola di azioni disoneste, come vendersi una partita, spacciare droga e fare opera di strozzinaggio o scommettere addirittura sulla sconfitta del proprio figlio, pur di guadagnare e di andare avanti senza vivere nella miseria. Tutto ciò un mondo a parte, lontano dai flash e dai riflettori, dimenticato dalle istituzioni, nel quale vige la legge ferrea delle periferia, della strada, un mondo duro e spietato, nel quale tutti sanno ma fanno finta di non vedere. In un contesto del genere anche i giovani non possono che prendere una "brutta strada", scegliendo di fare uso di stupefacenti anche durante la partita o di giocare in malo modo per soddisfare la misera esistenza di quello steso genitore che, con l'acqua alla gola, si è dovuto vendere proprio il match del figlio, nonostante, in cuor loro, continuino a sognare di diventare un giorno qualcuno, sfondare e giocare in Serie A

Il campionato più importante in Italia, appunto, che fa da sfondo nelle radioline per la maggior parte del film, attraverso la voce di Riccardo Cucchi, che narra la famosa partita del 05 maggio 2002 tra Lazio e Inter, nella quale i nerazzurri si giocavano lo scudetto e persero in modo clamoroso. Quasi a volerci dire che alla fine la sconfitta e lì dietro l'angolo, fa parte della vita e certe volte è inevitabile. Una metafora dell'esistenza schietta e sincera, che non vede riscatto, non vede gloria, ma vede solo rassegnazione, nella mente e negli occhi di chi la vive, per un fallimento inevitabile ed inesorabile.

Bibliografia e sitografia:

- La Partita, di Francesco Carnesecchi (2018)
- netflix.com
- wikipedia.org 

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